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Guerra e bollette ammazzano il Pil: crescita in calo, l'inflazione sale. E le famiglie spendono meno

Gianluca Zapponini
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Poca fiducia e troppa inflazione. Per imprese e famiglie italiane sono tempi duri, durissimi. Da una parte le bollette letteralmente esplose con la guerra in Ucraina e solo parzialmente raffreddate dagli interventi del governo, l’ultimo dei quali dovrebbe avere una gittata intorno ai 6 miliardi. Dall’altra l’aumento generalizzato dei costi delle materie prime, con inevitabili ripercussioni sullo scaffale dei supermercati. Il tutto a fronte di redditi ancora troppo inchiodati o comunque non sempre agganciati al costo della vita. Non può stupire, dunque, l’ennesimo allarma lanciato da Confcommercio, la più grande rappresentanza delle piccole imprese italiane. L’occasione è arrivata con la presentazione dell’Outlook per il 2022, nel quale vengono messi nero su bianco i numeri di una crisi, prima ancora che energetica, psicologica. Perché, è il filo rosso dello studio realizzato in collaborazione con il Censis, gli italiani si sono scoperti improvvisamente impauriti al punto da cominciare a tirare i remi in barca in termini di spesa e magari ricominciare con la buona pratica dei soldi nel materasso, in attesa di tempi migliori. Tanto per cominciare, l’inflazione, nemico pubblico numero uno di redditi e fatturati.

 

 

Quest’anno, secondo Confcommercio, il costo della vita si porterà a fine 2022 al 6,5%, rimanendo dunque sui livelli attuali, già abbondantemente oltre i sei punti percentuali su base annua. Una stima che nei calcoli dei commercianti è di sette decimi superiore a quella del governo. E lo stesso vale per il Pil, le cui previsioni di Palazzo Chigi sono giudicate come troppo ottimistiche. Per il 2022 non si andrà oltre il 2,1%, mentre per l’anno successivo la crescita dovrebbe portarsi al 2,3%. E pensare che l’esecutivo, Def alla mano, per l’anno in corso, si aspetta un tasso del 3,1%, un punto percentuale in più rispetto alle previsioni di Confcommercio. Tutto questo non può non produrre uno scoraggiamento su scala nazionale. Il 26% delle famiglie si aspetta, infatti, una riduzione del proprio reddito, il 24% prevede di ridurre i consumi e il 47,6% ridurrá i risparmi.

 

 

Tra le cause che limitano i consumi, il 54,8% delle famiglie indica: l’aumento del costo dell’energia, la paura di dover sopportare imminenti spese impreviste, l’incertezza sul futuro e la guerra in corso in Ucraina. Ce ne è abbastanza per gridare all’eccesso di ottimismo e chiedere un cambio di passo a Mario Draghi. Carlo Sangalli, numero uno della Confederazione dixit. «Le previsioni del Def sembrano un po’ ottimistiche. L’economia rallenta, l’inflazione aumenta e il ritorno dei consumi ai livelli della pre-crisi è rimandato alla fine del 2023. Bisogna fare di più per contenere gli impatti del caro energia e della guerra» .

 

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