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Gas russo, tutte le incognite per l'Italia con la crisi ucraina. Problemi su forniture, stoccaggi e rigassificatori

Tommaso Carta
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Uno sforzo senza sosta che, però, rischia di non bastare. Dopo aver chiuso gli accordi con Algeria ed Egitto per incrementare i flussi di gas verso l'Italia, il premier Mario Draghi continuerà a «battere» il fronte africano anche la prossima settimana, quando sono previste altre due «missioni», quella di mercoledì 20 aprile nella Repubblica dell'Angola e di giovedì 21 aprile nella Repubblica del Congo. A Luanda il presidente del Consiglio vedrà il Presidente della Repubblica dell'Angola Joao Manuel Goncalves Lourenco. A Brazzaville incontrerà il Presidente della Repubblica del Congo Denis Sassou N'Guesso.

All'inizio di maggio è previsa anche una missione del premier in Mozambico. Una serie di operazioni mirate a garantire il minor choc possibile in caso di interruzione improvvisa del flusso digas dalla Russia. Un'eventualità che al momento non sembra sul tavolo degli Stati europei, già piuttosto titubanti sulle meno impattanti sanzioni sul petrolio, ma che secondo l'esecutivo italiano continua a essere all'orizzonte. Anche nel caso in cui fosse Mosca, e non l'Europa, a decidere di interrompere il flusso per ritorsione.

Il punto è il quando. Perché come ha ammesso il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani (definito «ottimista» da Silvio Berlusconi) per sostituire integralmente il gas russo senza ripercussioni sui nostri consumi, servirebbero almeno due-tre anni. Ma cosa accadrebbe se il blocco arrivasse subito, magari a causa di un'escalation della tensione tra Mosca e l'Occidente? L'Italia si troverebbe a fare a meno di 29 miliardi di metri cubi di gas, poco meno del 40% del suo consumo annuale, che nel 2021 è gravitato intorno ai 75 miliardi di metri cubi. È evidente che di fronte a una simile eventualità le strategie messe in campo rischiano di non essere sufficienti. L'Italia si sta preparando alla potenziale crisi in diversi modi: forniture alternative, rilancio della produzione interna (e ripotenziamento del carbone), ricorso agli stoccaggi. Ognuna di queste linee programmatiche però presenta delle incognite.

Per quanto riguarda le forniture, il guaio degli accordi siglati è che dispiegheranno i loro effetti a partire dai prossimi anni, non subito. I 9 miliardi di metri cubi di gas in più dall'Algeria (che già ne fornisce all'Italia 21) saranno effettivi dal 2024. Quest' anno, per dire, ne arriveranno appena 3 tra ottobre e novembre. Stesso discorso per l'Egitto. Le maggiori estrazioni dell'Eni - pari a regime a 3 miliardi di metri cubi non saranno destinate solo all'Italia, ma in parte anche ad altri Stati europei.

Dagli accordi con Angola e Congo, invece, a regime dovrebbero arrivare 6,5 miliardi di metri cubi (indiscrezione di Giuseppe Colombo per l'Huffington Post) ma, anche in questo caso, nel 2022 la quantità sarebbe molto limitata. Già così, insomma, le quantità non arriverebbero a sostituire tutto il gas russo mancante. Ci sarebbero ancora da coprire tra i 5 e i 10 miliardi di metri cubi nella seconda metà dell'anno. Calcolando anche i risparmi arrivati da alcuni accorgimenti sul fronte dei consumi e il potenziamento della produzione interna. Non finisce qui. Perché la gran parte del gas in arrivo dall'Africa è in forma liquida.

Va, insomma, rigassificato. Un tema già trattato quando l'Unione europea ha stretto un accordo con gli Usa di Biden. Peccato che i tre rigassificatori in forza all'Italia siano già quasi utilizzati al 100% delle loro capacità. Non acaso, come raccontato su Il Tempo, il ministro Cingolani è a caccia di altri navi che possano svolgere questo compito. Ma non sono tante in tutto il mondo e la concorrenza è spietata. Ieri, per dire, l'Agi ha dato notizia di come la Germania voglia acquisire terminali galleggianti per l'importazione di gas naturale liquefatto (Gnl) per i quali ha già approvato i fondi fino a 2,94 miliardi di euro. Secondo diversi media tedeschi, il governo sta studiando, in collaborazione con partner privati, il noleggio di tre o anche quattro navi che sarebbero posizionate nei porti del Mare del Nord o del Baltico. Alcune di queste strutture potrebbero essere in servizio già dal prossimo inverno. E, ciononostante, il governo tedesco non ritiene realistico poter fare a meno del gas russo prima della metà del 2024. Infine il capitolo stoccaggi.

L'Europa ha chiesto ai Paesi di riempire quasi al colmo i loro «serbatoi». In pratica, la percentuale minima di riempimento è pari al 90%, proprio per garantire le riserve per il prossimo inverno in caso di rottura con Mosca. Per incoraggiare i privati a partecipare alle aste per il gas (che oggi costa tanto, quindi non è poi così appetibile fare scorte) il governo aveva stanziato un cospicuo «premio di giacenza».

Ciononostante, le aste hanno avuto risultati molto più deludenti rispetto al previsto e il 90% di «riempimento» è rimasto un'utopia. Senza contare che il costo di queste politiche di incentivi dovrebbe poi essere riversato sulle bollette già cresciute esponenzialmente rispetto a un anno fa. Così come la differenza tra il costo del gas africato e quello russo. La conclusione è presto detta. Che ci si possa staccare facilmente da Mosca in breve tempo è improbabile. Ma che ci costerà di più è una certezza.

Il vero costo, tuttavia, sarebbe quello determinato dal rallentamento del Pil. Inteso proprio come produzione. In molti si sono lamentati della crudezza dell'espressione di Draghi: «Volete la pace o i condizionatori accesi?». In realtà, il premier ha detto solo una parte molto minore della verità. Perché se davvero la Russia interrompesse oggi i flussi e l'Italia si trovasse con un considerevole ammanco di energia, si entrerebbe nel «livello 3» del «Piano di Emergenza del sistema italiano del gas naturale».

Quello dell'emergenza, appunto. Chi fosse curioso di sapere cosa prevede, può consultare il documento integrale sul sito del Mise. Qui giusto qualche titolo: «Riduzione obbligatoria del prelievo di gas dei clienti industriali. (...) Definizione di nuove soglie di temperatura e/o orari per il riscaldamento e/o teleriscaldamento nel settore civile, effettuato con uso di gas. Sospensione dell'obbligo di fornitura da parte dei venditori verso i clienti non tutelati. Sospensione della tutela di prezzo stabilito trimestralmente dall'Autorità di regolazione per i clienti tutelati fatti salvi i clienti in condizioni di povertà energetica». Scenari da razionamento pesante.

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