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Conseguenze economiche guerra Russia e Ucraina, risparmi a rischio: consigli per salvarsi

Filippo Caleri
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Il caffè è andato di traverso a molti risparmiatori ieri mattina. Molti erano andati a letto certi che alla fine avrebbe prevalso il buonsenso nella sfida tra Russia e Ucraina. E invece i carri armati con la stella rossa hanno portato sconquasso non solo nel paese conteso ma anche sui mercati finanziari. Borse, titoli di Stato e attività si sono deprezzate con perdite copiose. È sempre la solita storia, già accaduta nel 2011 con la crisi dello spread, e nel 2008 con il fallimento della Lehman Brothers. Ecco il manuale di sopravvivenza da tenere nel cassetto, valido allora come oggi. Con qualche lieve modifica.

NERVI SALDI
Prima regola. La tentazione di scappare e racimolare il possibile, accettando perdite, è umana. Ma ora è il momento di respirare e contare fino a dieci prima di prendere la decisione di vendere. Il consiglio è: tenere. Chiudere il computer, staccare la app per seguire il valore degli asset e dedicarsi ad altre attività. Anche aprire la bottiglia di champagne gelosamente custodita nell'armadio per le grandi occasioni. Da accompagnare con ostriche o caviale. Vietato collegarsi per controllare le perdite. Si rischia il colpo al cuore.

CRISI IN CINESE
Chi frequenta i mercati finanziari lo ha sentito mille volte. L'ideogramma cinese per esprimere la crisi può essere letto anche come opportunità. Così i broker e i consulenti finanziari ascoltati da Il Tempo stanno ricevendo, da molti clienti, ordini inattesi: prepararsi a rientrare sul mercato azionario. Quasi un paradosso. Con una crisi così violenta meglio stare alla finestra per lungo tempo. Sbagliato. Le forti perdite cumulate ieri sono il frutto degli algoritmi che governano i grandi fondi. Saranno intelligenti ma in situazioni estreme sono stupidi perché tarati con il meccanismo dello stop-loss. Ovvero evitare perdite vendendo automaticamente quando i valori delle azioni raggiungono una determinata soglia. L'effetto cumulato delle vendite crea la «palla di neve»: più scivola sul pendio, più diventa grande. Risultato: i prezzi sono scesi talmente rapidamente che iniziano a diventare interessanti. Comunque. È successo anche all'inizio della pandemia, a marzo del 2020. I coniglietti sono scappati, i leoni sono rimasti. Hanno comprato e in qualche mese hanno raddoppiato, a volte triplicato l'investimento.

C'è un altro aspetto che va valutato in un momento come questo. Ci sono ancora tanti soldi in giro, pompati dalle banche centrali che hanno acquistato il debito degli Stati, e hanno immesso moneta in gran quantità nel sistema finanziario. Tanta di questa è parcheggiata ed è pronta a muoversi per lo shopping. Dunque tanti, magari quelli che hanno mancato l'occasione dei precedenti rialzi sono pronti a rientrare.

Nei prossimi giorni i valori azionari scenderanno ancora. Ecco la strategia: controllare dove si posizionano gli indici rappresentativi della Borsa. Il più importante a Milano è il Ftse-Mib. A gennaio ha raggiunto il massimo, e cioè 28mila punti, ieri era sceso a 24.877. La somma dei comportamenti degli operatori farà sì che si arrivi a un valore più basso, non si sa di quanto, oltre il quale per non si potrà scendere. Da quel momento si può comprare. Consiglio: attenzione ai falsi rimbalzi, raggiunto un punto può scendere ancora e si può perdere.

I TEMPI
Tutto il ragionamento del punto precedente. Che è all'apparenza è semplice, in realtà è complesso perché legato a una variabile indipendente: il tempo. O meglio quanto durerà la fase di incertezza legata agli eventi bellici. Se la guerra vera ha breve durata, la possibilità di rientrare delle perdite e di iniziare a guadagnare è veloce. Con una campagna militare prolungata il rischio è di trovarsi impantanati nelle perdite. Poi più il conflitto dura, più c'è la possibilità che si trasformi in una guerra mondiale. Sarebbe la terza. E siccome Albert Einstein spiegò che non sapeva come sarebbe stata combattuta la terza, ma era sicuro che la quarta si sarebbe fatta con pietre e bastoni dopo la distruzione nucleare, si può presumibilmente immaginare che il raffreddamento della tensione arriverà. Si può sempre rischiare anche perché nella malaugurata idea del conflitto nucleare i risparmi servirebbero a poco.

OBBLIGAZIONI E TASSI
I rendimenti delle obbligazioni stavano salendo. Anche quelli dei titoli governativi. Il tasso dei Btp sui mercati secondari, non nelle aste ufficiali del Tesoro dunque, erano in crescita. La causa era l'intenzione della Banca Centrale Europea di iniziare ad alzare il tasso di interesse da anni bloccato a zero.

Un po' per l'inflazione in ascesa dopo il Covid, un po' per le pressioni dei Paesi nordici, la presidente Lagarde aveva iniziato a sussurrare agli operatori che la manna del denaro a costo zero stava finendo. Con un effetto deleterio per le casse pubbliche italiane. Sì perché il possibile annuncio della fine graduale dell'acquisto dei titoli pubblici da parte dell'Eurotower aveva innescato la salita dei rendimenti, un costo di finanziamento più elevato, sia per lo Stato sia per le banche. E di conseguenza per i consumatori che chiedono prestiti. La crisi ucraina, arrivata quasi all'improvviso, cambierà i piani della Bce.

Per venire incontro all'inevitabile rallentamento dell'economia è probabile che la politica monetaria resti di manica larga. Gli operatori avranno un orecchio a Kiev e uno a Francoforte. Un segnale che la direzione potrebbe essere quella della frenata nei rialzi dei tassa è arrivata ieri dallo spread. Si è afflosciato a 163 punti base. Gli analisti invece di liberarsi di carta finanziaria italiana in attesa di tassi più alti, sono tornati a comprare quelli già emessi in massa, prezzi più alti, per la forte domanda, equivalgono a tassi più bassi e una riduzione del divario col Bund tedesco. Infine cambio di strategia anche sulle obbligazioni dei Paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Un tempo erano richieste per i rendimenti elevati. Oggi sono quasi carta straccia. Quelle russe non le vuole più nessuno. Quelle di Pechino possono diventarlo presto se le stesse istanze di Mosca fossero avanzate da Xi JinPing su Taiwan. Meditare.

ORO ADDIO
Inutile pensare oggi al bene rifugio per eccellenza: l'oro. Chi doveva comprare per proteggersi contro la paura lo ha già fatto. Le quotazioni ieri hanno raggiunto i 1.944,60 dollari l'oncia, avvicinandosi al massimo registrato a novembre 2020, quando il metallo aveva prezzato 1.951 dollari. La regola aurea è: massimo il 5% del patrimonio disponibile in lingotti. Ora però sono troppo cari. Meglio attendere e premunirsi in anticipo per la prossima crisi. Che tanto, è garantito, ci sarà.

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