Viviamo meno anni ma andremo in pensione sempre a 67. La circolare Inps gela gli italiani
Due anni di pandemia avranno anche ridotto la speranza di vita di tre mesi, ma i requisiti per andare in pensione il prossimo anno non cambiano. In altre parole, anche nel 2023 i requisiti minimi per quella di vecchiaia saranno i 67 anni e per quella anticipata bisognerà avere 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. A far chiarezza è stato lo stesso Inps, che in una circolare ha sgombrato il campo dai dubbi, partendo dal dato Istat sulla speranza di vita a 65 anni che a causa della pandemia si è ridotta nel 2020 di tre mesi. I requisiti per l’accesso alla pensione potranno cambiare solo dal 1 gennaio 2025 per la pensione di vecchiaia e dal 2027 per quella anticipata. «Fermo restando l'adeguamento alla speranza di vita già applicato dal 1° gennaio 2021 che non ha previsto alcun incremento», ha spiegato l’Istituto guidato da Pasquale Tridico, «a decorrere dal 1° gennaio 2023, in attuazione di quanto previsto dal decreto 27 ottobre 2021, i requisiti pensionistici non sono ulteriormente incrementati».
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Ora, per i lavoratori che abbiano svolto una o più delle attività considerate gravose o che siano stati addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, per il periodo previsto dalla legge, e che siano in possesso di un'anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni, il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia è fissato anche per il biennio 2023/2024 al raggiungimento dei 66 anni e 7 mesi. Per i lavoratori che hanno il primo accredito contributivo dall’1 gennaio 1996 (e sono quindi totalmente nel contributivo) e hanno un importo di pensione maturato inferiore a 1,5 volte il minimo ma hanno almeno cinque anni effettivi di contributi il requisito per la pensione «si perfeziona, anche nel biennio 2023/2024, al raggiungimento dei 71 anni».
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E lo stesso accade per i lavoratori precoci (quelli che hanno almeno un anno di contributi prima dei 19 anni e sono in una situazione di disagio come la disoccupazione o una riduzione della capacità lavorativa) il requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata resta fermo a 41 anni fino alla fine del 2026. Come per la pensione anticipata di chi va con 42 anni e 10 mesi il trattamento pensionistico «decorre trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti», hanno chiarito da via Ciro il Grande. Tutto questo mentre potrebbe prendere corpo una proposta di riforma da parte dello stesso governo verso una nuova flessibilità in uscita, con l’asticella fissata a 64 anni. La pensione prima dei 67 appare, in molti casi, una necessità per i lavoratori, di questo occorre dare atto. E proprio per questo i sindacati stanno insistendo su questo punto. La necessità è quella di superare le rigidità ed i paletti imposti dalla Legge Fornero e dopo l’apertura del governo, nei giorni scorsi, ora sembra essere una via percorribile. Ma va ricordato che per l’anticipo c’è comunque un costo che ricadrà sulle spalle dei lavoratori: ricalcolo interamente contributi dell’assegno previdenziale. Per i lavoratori che rientrano nel sistema misto, quindi, l’anticipo comporterà una perdita sulla pensione spettante.