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Cosa finanzia il Pnrr? Draghi è qui per consegnarci al mondo della finanza

Gianluigi Paragone
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L’altro giorno il Governatore dell’Italia Mario Draghi ha fatto sapere di non essere disponibile a fare il premier oltre questa legislatura perché lui "un lavoro se lo sa trovare da solo".

La frase è parecchio emblematica dell’uomo. L’indisponibilità al ruolo di presidente del Consiglio (che per quel che mi riguarda ben salutiamo, sia chiaro) ammette una volta di più la vera aspirazione dell’ex Capo di Bankitalia e della Bce, ovvero la salita al Colle come Capo dello Stato. Lì, Draghi avrebbe guidato la sala macchina senza dover misurarsi in cabine di regia e consigli di ministri cioé i luoghi dove i partiti addensano le loro richieste. Draghi avrebbe voluto vestire i panni del Presidente della Repubblica al fine di “piegare” - a Carta invariata - una repubblica parlamentare in una repubblica di tipo semipresidenziale. Gli è andata male, anche se forse si tratta solo di un mero rinvio.
Se però così non fosse, cioé se davvero il Drago della finanza non volesse più cimentarsi nel gioco costituzionale, ecco che l’avviso "il lavoro me lo so trovare da solo" si tradurrebbe in una… minaccia (absit iniuria verbis).

Il lavoro di Draghi è sempre stato dentro il grande gioco finanziario, come dimostra la scarsissima dimestichezza di SuperMario verso l’economia reale. “Trovarsi un lavoro” significa ritornare alla casa madre, cioè in una di quelle potenti banche d’affari o strutture finanziarie che fanno girare le dinamiche della globalizzazione: tornerebbe lì dopo aver ben ingabbiato l’Italia - e la sua ricchezza - dentro la trappola del Pnrr.

A quasi tutti gli italiani è stata raccontata la favoletta dei tanti soldi che arriverebbero dall’Europa grazie al piano di resilienza: fandonie. Quei soldi non atterreranno mai nell’economia reale, ma serviranno di contro a intrappolare nelle maglie del debito gli italiani. I soldi del Pnrr avranno lo stesso terminale che ebbero le privatizzazioni e le liberalizzazioni, ossia le multinazionali, le banche d’affari e le solite famiglie del capitalismo straccione italiano. Cittadini e piccole imprese resteranno fuori.

Insomma il Pnrr è il meccanismo con cui vengono a impossessarsi di una delle più performanti economie mondiali. Draghi è qui per questo: consegnarci alla Finanza. I soldi del Pnrr sono legati a progetti che nulla hanno a che vedere con le reali esigenze della nostra economia. Il caro energia che stiamo vivendo lo riprova: com’è possibile che non ci siano soldi per abbattere le bollette? Com’è possibile che persino i Comuni siano costretti a spegnere le luci delle città (città buie significa città meno sicure) quando le controllate dal Tesoro Eni ed Enel fanno profitti incredibili? E’ dall’inizio della legislatura - ne ho scritto anche qui sul Tempo - che propongo una riforma della bollette in termini di premialità green, prima ancora che si parlasse di Pnrr; eppure è sempre stata osteggiata, perché? Mi viene il sospetto che la retorica verde si solo funzionale alla prossima emergenza costruita per prolungare la possibilità di annientare i cittadini; e la recente modifica della Costituzione (a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca) lo testimonia.

La morale di queste emergenze è accrescere il divario tra le élite e il popolo: dalla crisi finanziaria a questa sanitaria, il club dei ricchi ha fatto affari d’oro. Sarà così anche con quella climatica. Con la complicità delle grandi banche d’affari fucina dei premier “salvatori della patria”.
 

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