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La crisi del Covid non molla i lavoratori: in 50mila rischiano il posto

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La crisi continua a rincorrere le imprese durante il periodo Covid. Per la Cgil, sono 50mila i lavoratori in bilico, tra Cig, esuberi e licenziamenti. Fonti della Cisl parlando di 54mila lavoratori. I tavoli di crisi aperti al Mise – stando ai dati emersi dall'ultima interrogazione del Ministro Giorgetti – sono 69. In realtà, specificano fonti Mise, i tavoli effettivamente aperti dovrebbero essere 45, mentre 24 sono in monitoraggio.

 

 

Tre i principali fronti caldi. Il settore siderurgico, su cui gravano ex Ilva e Jsw di Piombino – per cui verrà nuovamente convocato un tavolo a stretto giro – che contano, insieme, circa 13mila lavoratori a rischio. Unica eccezione positiva, l'Ast Terni con la vendita, da parte di ThyssenKrupp, al gruppo Arvedi. Poi, l'Automotive, con tavoli di crisi aperti e tavoli di crisi di prossima apertura, causata dalla transizione ecologica verso cui si sta avviando il Paese. Gkn sembra aver trovato un punto di svolta con l'acquisizione da parte dell'imprenditore Borgomeo: è stata convocato un incontro al ministero domani, in videoconferenza. Di contro, due nuove vertenze: la Speedline di Venezia, che vuole delocalizzare entro il 2022 e conta 605 lavoratori a rischio, e Caterpillar di Ancona, con 270 dipendenti in bilico (per quest'ultima è stata convocata oggi una riunione prevista alle 14 presso la sede della Regione Marche). Accanto, la storica Blutec di Termini Imerese, vertenza aperta da dieci anni e tutt'ora irrisolta. "Ci sono progetti di riconversione - specificano fonti sindacali - ma ancora non si sono concretizzati". Male Giannetti ruote, che ha confermato i 152 licenziamenti. Un tavolo a parte, fuori dal Mise, è convocato per Stellantis, che presenterà il nuovo piano industriale il 1 marzo 2022. L'orizzonte però è fosco, dicono i sindacati. La transizione ecologica porterà inevitabilmente ad una "rivoluzione nella componentistica", affermano fonti della Uilm. Le associazioni di settore di produttori e commercianti hanno già lanciato l'allarme: sarebbero 60mila i lavoratori messi a rischio dalla necessità di riconvertire la produzione. Intanto, Bosch a Bari ha annunciato 620 esuberi per il 2022.

 

 

I sindacati sono concordi nel dire che il problema principale è l'assenza di un piano governativo concreto di politica industriale. La grande assente ai tavoli di crisi, per la responsabile Cgil, è proprio Confindustria. Una assenza che "colpisce", ed è conseguenza del fatto che "i nostri imprenditori ormai sono sempre più dentro alla catena finanziaria e fuori da quella produttiva". Se manca una regia pubblica, dice una responsabile Cgil, “la risoluzione delle questioni restano nelle mani di singoli, facendo del lavoro una partita che si gioca a livello personale e non come idea di Paese".

 

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