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Rebus pensioni, sindacati da Draghi: l'ipotesi dell'uscita con 41 anni di contributi

Filippo Caleri
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L’appuntamento per i sindacati è fissato per oggi a Palazzo Chigi. Dall’altra parte del tavolo troveranno il premier Mario Draghi e, insieme, cercheranno di tracciare una road map per uscire definitivamente dalla legge Fornero, messa in naftalina per un altro anno, ma pronta a rispuntare a partire dal 2023. Cgil, Cisl e Uil si siederanno con in mano un pacchetto di proposte precise per aumentare la flessibilità in uscita rispetto ai 67 di età oggi previsti dalla legge previdenziale del governo Monti.

 

In particolare la richiesta prevede la possibilità di andare in pensione a partire da 62 anni con eventuali penalizzazioni o con 41 anni di contributi versati prescindere dall’età. Non solo. Vista la discontinuità lavorativa dei più giovani le organizzazioni sindacali chiederanno anche di impostare i criteri per definire una pensione di garanzia per i giovani. E di dare il giusto riconoscimento alla difficoltà di conciliare il lavoro e la famiglia per le donne. Sul tavolo infine ci sarà anche l’Ape social, cioè la possibilità di uscire con 63 anni e 30 di contributi allargata a più categorie rispetto alla disciplina attuale. La possibilità di un ulteriore intervento sul fronte previdenziale pensionistico nella legge di Bilancio sono stretti, ma si dovrebbero trovare le risorse almeno per gli edili.

 

E propri ieri in serata maggioranza e governo avrebbero trovato un accordo per lavoratori del settore che potranno aderire all’Ape social e all’anticipo pensionistico con 32 anni di contributi (a 63 anni). Un anticipo di 4 anni dell’uscita dal mondo del lavoro (attualmente fissata a 36 anni di contributi) che sarà contenuta in un emendamento riformulato alla legge di bilancio presentato in commissione Bilancio al Senato. Le sigle al tavolo chiederanno che la stessa estensione preveda anche i lavoratori agricoli. Il tavolo comunque non si chiuderà oggi. Dopo le possibili modifiche da inserire nella legge di Bilancio infatti si parlerà anche dell’orizzonte di lungo termine. Non è chiaro se il prossimo anno ci sarà ancora Draghi dall’altra parte del tavolo ma la riforma del pensionamento dovrebbe comunque vedere la luce. Quota 100, la misura introdotta dal governo giallo-verde che prevedeva l’uscita in anticipo con almeno 62 anni di età e 38 di contributi, scade inesorabilmente a fine anno. Il prossimo sarà sostituita dalla Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi). Una soluzione di compromesso per evitare il passaggio radicale alla Fornero dal prossimo primo gennaio ma che i sindacati non hanno gradito perché, secondo i loro calcoli, la possibilità di uscita sarà garantita solo a poche migliaia di lavoratori.

 

L’idea è quella di proporre l’uscita secca dal posto con 41 di contribuzione a prescindere dall’età o dai 62 anni di età con tagli minimi. Porte chiuse comunque al ricalcolo contributivo su tutto il periodo di lavoro se il dipendente ha anche spezzoni di versamenti effettuati prima del 1995. Secondo i calcoli della Cgil l’ipotesi potrebbe comportare tagli dell’assegno fino al 30%. Infine anche se la proroga di un anno per l’Ape social è già nella Manovra con l’allargamento dell’elenco dei lavori gravosi, Cgil, Cisl e Uil chiederanno che sia resa strutturale e con più categorie incluse. Tra le proposte arriverà anche quella di sostenere le donne con il riconoscimento di un anno di contributi in più per ogni figlio o anche un anno ogni cinque dedicati alla cura di familiari non autosufficienti. Oltre al sostegno per costruire un futuro previdenziale ai giovani si pensa anche ai più anziani con la proposta di rafforzare la quattordicesima.

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