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Governo, dal buco Inps al caro-energia: promesse ma pochi euro

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Filippo Caleri
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Anche il governo Draghi ha lo stesso vizio dei precedenti. Annuncia interventi e stanziamenti ma non ha mai la cassa necessaria per finanziarli. Il debito è alto e corre, è a livelli massimi per supportare l'economia, così per trovare risorse necessarie a tutta una serie di altre misure, al ministero dell'Economia e alla Ragioneria generale dello Stato, non resta che cercare nelle cosiddette pieghe di bilancio. La parola magica che solo gli addetti ai lavori possono comprendere e che per i profani si traduce più o meno così: un'analisi dei capitoli della finanza pubblica e, laddove minore stato l'uso di soldi, questi si spostano dove necessario. Una pratica contabile che anche l'esecutivo Draghi sta mettendo in pratica con inusitata frequenza. Così è nel caso del provvedimento per tagliare le bollette che rischiano, dal primo ottobre, di subire aumenti fino al 40%.

Secondo le stime dei tecnici per sterilizzare l'impatto sui portafogli di cittadini e imprese servono complessivamente nove miliardi. L'intenzione di spendere c'è ma manca, come sempre, la cassa. Così nelle pieghe di bilancio il ministro dell'Economia, Daniele Franco, ha ipotizzato di trovare prima scarsi 3 miliardi, poi ieri con un'ulteriore scrematura è arrivato a quasi 3,5.

Sforzo encomiabile, ma siamo sempre allo stesso punto. E cioè mancano ancora 6 miliardi per arrivare alla meta. Insomma siamo alle solite. Nelle casse del Tesoro la carenza di liquidità aggiuntiva per fronteggiare le emergenze ce n'è sempre poca. Ed è anche per questo motivo che anche un altro dossier è rimasto a corto di mezzi. Quello di lavoratori italiani che si sono ammalati di Covid nel corso del 2021. E che se hanno ottenuto l'indennità di malattia nella busta paga, per ora, devono ringraziare l'azienda che ha anticipato le somme senza sapere se potranno recuperarle.

Dall'Inps non è ancora stata riconosciuta la disponibilità finanziaria. E non per colpa dell'Istituto guidato da Pasquale Tridico ma perché i soldi sul capitolo istituito ad hoc nel 2020 per lo stesso motivo (con circa 663 milioni di euro) non è stato adeguatamente rimpinguato quest' anno. L'allarme stato lanciato i primi giorni di agosto. E il problema è lo stesso: manca il contante per pagare chi ha diritto. Fino ad oggi nonostante le reiterate richieste di associazioni e sindacati non si è visto un solo euro.

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha assicurato il suo interessamento. E la sottosegretaria dello stesso dicastero, Tiziana Nisini, qualche giorno fa in risposta a interrogazioni presentate in Commissione lavoro alla Camera ha spiegato che «sono in corso interlocuzioni con il ministero dell'Economia per verificare la disponibilità di risorse».

Una risposta che segnala ancora una volta lo stesso problema e la stessa soluzione: le pieghe di bilancio. La soluzione però è stata annunciata e potrebbe essere vicina. L'emendamento che stanzia le risorse necessarie a pagare la quarantena come malattia potrebbe essere inserito nella conversione in legge del decreto 111/2021 (che è in scadenza il 5 ottobre, ora all'esame della Camera, poi passerà al Senato). Il condizionale è d'obbligo perché a oggi nessuna norma in questo senso è stata presentata.

Così i lavoratori incrociano le dita. E anche le imprese che, per ora, pagano e anticipano le indennità contando sul meccanismo della compensazione tra debiti e crediti. Se la misura non fosse rifinanziata sarebbe un disastro. Unimpresa ha fatto i calcoli di quanto un'azienda dovrà pagare per ogni lavoratore che deve fare una quarantena per contatto stretto con un positivo: 6-700 euro per 10 giorni di isolamento, 900-1.000 euro per 15 giorni di assenza. E i costi potrebbero anche in parte ricadere sui singoli lavoratori. Si spera che le pieghe del bilancio siano ben larghe.

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