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Mina catasto sul nuovo fisco

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Filippo Caleri
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È ancora lei, la riforma del fisco, uno degli ostacoli più difficile da superare per il governo. Mentre la battaglia sul green pass ha una forte connotazione ideologica, il cambio del modello impositivo tocca le tasche di tutte le fasce sociali con importanti riflessi economici sul portafoglio. Così anche l’approdo sul tavolo del consiglio dei ministri della riforma del fisco è un capitolo ancora tutto da scrivere. Sul punto, hanno spiegato ieri fonti dell’esecutivo, è ancora in corso il confronto tra le forze della maggioranza che non è detto venga concluso nelle prossime ore. Ad agitare gli animi è soprattutto la riforma del catasto. «Le ipotesi avanzate dalla stampa vedono la Lega assolutamente contraria>, ha tuonato il responsabile economico del Carroccio Alberto Bagnai. Mentre da Forza Italia, Sestino Giacomoni, ha chiesto di rispettare «la volontà del Parlamento, che attraverso la commissione Finanze si è espressa, pressoché all’unanimità, sul fatto di evitare la revisione del catasto, aumentando di fatto la tassazione sugli immobili».

Il Mef ha però già indicato in estate l’aggiornamento degli archivi catastali nell’atto di indirizzo alle amministrazioni fiscali per il prossimo triennio. Nulla di nuovo insomma perché la revisione degli estimi è una richiesta che la Commissione Ue reitera da anni nelle sue raccomandazioni. Anche nelle ultime che tenevano in considerazione le destinazioni delle risorse del Pnrr. La voce catasto è bastata però a infiammare gli animi soprattutto del centrodestra che vede nella manovra di adeguamento dei valori delle rendite delle case una patrimoniale mascherata. Il compromesso che potrebbe dare il semaforo verde al ddl delega sul fisco potrebbe essere rappresentato dal fatto che, nel testo che arriverà in Parlamento, potrebbe esserci un’indicazione generica sulle riforma che sposta la battaglia nell’aula del Parlamento. Tra i paletti che non dovrebbero essere toccati la riduzione dell’Irpef e il taglio del cuneo fiscale. Ma anche la possibile estensione della fattura elettronica ai contribuenti sotto i 65 mila euro che usufruiscono della flat tax al 15%. L’impianto generale è orientato al contenimento del carico fiscale. Proprio per questo lo scoglio principale resta quello delle risorse visto che il documento condiviso dai partiti, nel suo complesso, prevede un costo complessivo di quasi 40 miliardi, mentre attualmente la copertura è di appena 3 miliardi. Il ministro Daniele Franco ha dichiarato che la riforma comincerà con le modifiche a costo zero. Tuttavia è inevitabile che il problema dei costi diventi il tema fondamentale. Tanto più che, come ha dichiarato la sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra il taglio al cuneo fiscale potrebbe già arrivare con la legge finanziaria del 2022. Il punto più qualificante della riforma è l’abbassamento dell’aliquota, oggi al 38% nella fascia di reddito 28.000-55.000 che raggruppa il maggior numero di contribuenti (circa sette milioni). Prevista una forte semplificazione compreso l’assorbimento del bonus Renzi di 80 euro portati a 100 nel 2020. Si prevede una soglia di reddito al di sotto della quale non si debba fare dichiarazione e al di sopra della quale, per la quota esente, si agisca tramite una maxi-deduzione. Ci sarà un pacchetto organico con l’accorpamento delle categorie «redditi da capitale» e «redditi diversi» nell’unica definizione di «redditi finanziari». L’intenzione sarebbe non di ridurre l’aliquota (oggi 26%) delle rendite finanziarie al 23% (attuale primo scaglione Irpef), bensì di riflettere se sia il caso di riallinearla con il primo scaglione Irpef. È prevista l’abolizione dell’Irap. Pertanto «le commissioni raccomandano un riassorbimento del gettito Irap nei tributi attualmente esistenti, preservando la manovrabilità da parte degli enti territoriali e il finanziamento del servizio sanitario. Via anche i micro prelievi che, sia a livello centrale che a livello territoriale, hanno un gettito inferiore allo 0,01% del totale delle entrate tributarie per lo Stato e sotto lo 0,1% per Regioni e Comuni. Sono imposte, tasse e diritti che ora si punta a cancellare. Cestinare o comunque sfoltire una massa che tiene dentro il superbollo, ma anche la tassa per la laurea, l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili, ancora l’imposta sugli intrattenimenti e tante altre.
 

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