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Mps-Unicredit, 40 giorni per il sì. Accelerazione sulle nozze grazie a Mario Draghi

Filippo Caleri
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Quaranta giorni di tempo per decidere se le nozze tra Unicredit e il Monte Paschi di Siena si devono celebrare o no. Questo il lasso di tempo che la banca guidata da Andrea Orcel si è presa per valutare la due diligence avviata sui conti dell’istituto di Siena. Che ha urgente bisogno di trovare un socio al più presto per evitare di vedere il suo futuro seriamente compromesso. Per ora dalla sua il Monte ha solo una certezza, o meglio una quasi certezza. E cioè che difficilmente lo Stato italiano, socio di maggioranza, deciderà di far fallire la banca più antica del mondo con 500 anni di storia alle spalle. Il come salvarla è invece più complicato. Anche se ad accelerare il dossier è stata la mano di Draghi che in materia bancaria non è secondo a nessuno. Anche per lui però non sarà facile superare il fuoco incrociato della politica sulla possibile acquisizione. A livello politico e sindacale nazionale, ma soprattutto in Toscana crescono le perplessità sull’operazione giudicata troppo sbilanciata e in grado di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro. E a Siena salgono anche i timori sull’impatto che potrà avere sull’indotto cittadino.

 

 

Il fronte che prova a frenare l’operazione è trasversale e mercoledì prossimo dovrà essere il ministro dell’Economia Daniele Franco a fare il punto in Parlamento. Intanto ieri a gettare acqua su fuoco è stato Claudio Durigon, sottosegretario al Mef della Lega che ha spiegato: «Siamo solamente all’inizio e ad oggi esiste una sola trattativa di salvataggio di Mps. Si è partiti con una due-diligence aziendale e questa non esclude anche altre soluzioni per l’istituto più antico del mondo». I paletti sono chiari. L’operazione Mps «deve passare da alcuni requisiti imprescindibili: salvaguardia dell’occupazione e blocco dei 6mila esuberi; mantenimento del marchio storico Mps; salvaguardia, compatibilmente con le attuali condizioni di mercato, delle risorse investite dallo Stato; no allo spezzatino e quindi no alla svendita dell’Istituto bancario in queste complicate condizioni di mercato; individuazione dettagliata del ruolo che lo Stato avrà nella formazione del nuovo assetto. Senza questi presupposti è giusto che si prenda in considerazione anche di superare la data di vendita prevista dal precedente governo per il 31/12/2021» ha continuato Durigon.

 

 

Rassicurazioni che incrociano però i timori del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, che ha chiesto maggior cautela. Giani ha detto: «Il Monte dei Paschi può essere una banca che magari si ridimensiona, o magari trova una partnership da pari a pari con qualche altro soggetto bancario, ma non c’è fretta di svenderla. Possiamo parlarne e trovare una sinergia insieme. È questo che mi aspetto dal ministero del Tesoro». I sindacati guardano invece soprattutto alle ricadute occupazionali. Secondo il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, «per rilanciare il Monte dei Paschi di Siena e tutelare i posti di lavoro a rischio, occorre prendere tempo e puntare sul valore unico che contraddistingue la banca più antica del mondo: il profondo e radicato legame con il tessuto economico del territorio».

 

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