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Basta "metadone sociale", occorrono investimenti per il futuro contro la crisi Covid

Andrea Amata
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Il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, nel corso delle considerazioni finali della relazione annuale ha focalizzato l'attenzione sul tema dei giovani e della rete di protezione sociale progettata per attutire la crisi Covid. Così Visco: «In Italia oltre 3 milioni di giovani tra i 15 e 34 anni non sono occupati, né impegnati nel percorso di istruzione o in attività formative. Si tratta di quasi un quarto del totale, la quota più elevata tra i paesi dell'Unione europea. Se ne deve tener conto nel ridefinire le priorità per lo sviluppo economico e sociale e nel dirigere l'impegno verso la costruzione di una economia davvero basata sulla conoscenza, il principale strumento a disposizione di un paese avanzato per consolidare e accrescere i livelli di benessere». Mentre sul lato delle risposte da pianificare, per mitigare gli effetti generati dallo tsunami pandemico, il titolare di Palazzo Koch ha osservato:«Non è pensabile un futuro costruito sulla base di sussidi ed incentivi pubblici».

 

 

Le parole del Governatore di Bankitalia, in riferimento alle due problematiche, vanno lette come una esortazione a liberarsi di quei modelli assistenzialistici che possono tamponare temporaneamente una criticità che, tuttavia, riemerge consolidata come fenomeno strutturale. Deplorare l'impostazione delle politiche sociali, orientate ai sussidi, significa stroncare il provvedimento più rappresentativo in materia come il reddito di cittadinanza. La misura simbolo dei Cinque stelle ha provocato un impegno finanziario gravoso per il bilancio pubblico, pari a 9 miliardi annui, a cui non ha corrisposto l'ingresso nel mercato del lavoro di una percentuale significativa dei percettori del reddito. Dunque, il reddito di cittadinanza, pensato per agevolare la crescita occupazionale nella formula di politica attiva del lavoro, si è rivelato uno strumento sbilanciato sulla dimensione passiva che, peraltro, sta penalizzando le attività economiche stagionali in difficoltà nel reperire manodopera (sussidiata). Un Paese che vuole investire nel futuro dovrebbe stanziare cospicui fondi per l'istruzione, la ricerca e la digitalizzazione dei centri per l'impiego affinché la domanda e l'offerta di lavoro possano incontrarsi, facilitandone la mediazione. Circa il 3% dei beneficiari del reddito ha trovato lavoro, confermando le negligenze di un provvedimento che era stato sbandierato dai suoi promotori come stimolo alla ricerca del lavoro.

 

 

Dalle parole di Visco emerge la censura di un modello chd, oltre ad essere esoso per le casse pubbliche, si declina in una voce di spesa destinata a consumarsi nel terreno arido del sussidio. Mentre occorrerebbe seminare risorse nel campo fertile degli investimenti produttivi in cui giovani possano raccoglierne i frutti. Il presidente del Consiglio Mario Draghi dovrà operare per riorientare la spesa della protezione sociale, promuovendo un modello di emancipazione sociale che conduca l'autorealizzazione delle persone. Nel 2008 per l'assistenza lo Stato spendeva 73 miliardi l'anno; nel 2019 le risorse sullo stesso capitolo sono lievitate a 114 miliardi, ma la povertà nel frattempo è cresciuta. Le politiche se si incardinano in un paradigma vincolato al sussidio rischiano di essere un "metadone sociale", un analgesico che ritarda la consapevolezza individuale di essere parti fondamentali del progetto Italia con la conseguenza di naufragare nell'immobilismo. Le forze politiche della maggioranza dovrebbero assumere la relazione di Visco come un imperativo categorico per non sottrarsi ad una sfida per vincere la quale non c’è rimasto molto tempo.

 

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