Post-covid
L'Italia non è pronta alla nuova era dello smart working: servono regole, diritti e doveri
Con la diffusione del Covid sono state stravolte le abitudini di tutti i cittadini, ma in particolar modo i lavoratori si sono dovuti abituare alla nuova realtà dello smart working, il lavoro a distanza. Con l’allenamento delle restrizioni - scrive HuffPost Italia - c’è però bisogno di regolamentare il ritorno alla normalità e lo stesso smart working ha bisogno di regole e di stabilire in maniera chiara quali siano diritti e doveri durante questa modalità di lavoro.
Per capire bene il fenomeno in questione è utile snocciolare alcuni dati: il 97% delle grandi imprese, il 94% delle pubbliche amministrazioni e il 58% delle piccole e medie imprese ha applicato lo smart working durante il momento più duro della pandemia, per un totale di 6,58 (un terzo del numero complessivo di dipendenti in Italia) milioni di persone che hanno lavorato da casa. Rispetto al 2019, dove 570mila persone avevano nella loro casa l’ufficio c’è stato un vero e proprio boom. Uno dei problemi maggiori per questo nuova vita lavorativa è stato quello relativo alla tecnologia tra dispositivi e connessioni internet, con gli italiani che hanno poi dovuto far fronte ad orari lavorativi spesso prolungati fino a tarda sera. Il 28% dei lavoratori, riferisce l’HuffPost, non è riuscito a calarsi in questo nuovo modo di lavorare e ha trovato difficile conciliare lavoro e vita privata. E anche i manager si sono sentiti “impreparati” nel 33% dei casi. Il 29% ha inoltre accusato un senso di isolamento nei confronti dell’organizzazione del lavoro giornaliero.
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Su quello che succederà in futuro è utile capire come si sono orientate le imprese nei mesi scorsi: l’11% ha pensato ad un completo ritorno al pre-Covid, mentre il 36% delle imprese ha pensato una modifica dei progetti di smart working. Ben il 70% delle imprese ha deciso di aumentare i giorni in cui i dipendenti lavoreranno da casa e non in ufficio, con una media che passa da 1 a 2,7 giorni tra pre e post-pandemia. Ma c’è necessità di regole che determinino orari di lavoro, pause e la distribuzione dei costi del lavoro agile, con bollette e tecnologie ora a carico del lavoratore. Nell’attività pubblica lo smart working sarà inserito nel contratto, mentre nel privato resta ancora il caos. In generale serve “una riscrittura dei diritti e dei doveri in capo ai datori di lavoro come ai lavoratori”.
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