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Il Recovery Plan non farà grande l'Italia. Serve solo ai potenti

Gianluigi Paragone
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Quando ho negato la fiducia al governo Draghi era proprio perché respingevo nettamente l'impianto culturale del suo premier, respingevo la sua formazione e la sua azione da perfetto banchiere centrale. La sua spietata bravura non si allinea con il dolore di una società che sta piangendo con dignità. Una società cui stanno bruciando i sogni, la voglia di fare impresa e la prospettiva di attingere dai risparmi privati per compiere il capolavoro. Pertanto se il governatore dell'Italia chiede di mettere dentro il Piano di ripresa e di resilienza le vite degli italiani io alzo la guardia. A maggior ragione perché Mario Draghi si pone come figura garante presso l'Europa.

 

 

Le vite degli italiani sono invisibili al suo freddo sguardo, sono vite sospese tra bollette vergognosamente care e rate e mutui da pagare con la paura di perdere la casa, il negozio, il capannone; le vite degli italiani arrancano nella sfida generazionale tra genitori e figli per un contratto di lavoro dove i diritti sono appesi a un filo. Il presidente Draghi si pone come garante presso l'Europa perché il suo curriculum offre abbondanti garanzie mercatiste e neoliberiste. Glielo dissi già una volta: incarna quella cultura che ha sostituito le vite delle donne e degli uomini con i numeri, i diritti con gli equilibri contabili. Il suo mondo di riferimento non può intercettare le spaccature sociali perché il suo campo visivo è finanziario, non politico. Questo Pnrr è il solito gioco a debito, dove i progetti si finanziano non secondo i modelli di crescita propri, ma secondo logiche scritte altrove con altri inchiostri e altre mani. Su questo piano infatti non c'è prospettiva di sviluppo per l'Italia, piuttosto c'è la sua destrutturazione economica e sociale. Prova ne è lo spazio ristretto concesso, nella impostazione del PNRR, ai partiti della maggioranza, cui non resta che fare del coprifuoco il solo terreno di scontro. Draghi non concede varchi: nessuna fuga in avanti sarà concessa sul nuovo modello di crescita stabilito altrove.

 

 

Il divieto di disturbare il manovratore è uno schema che ben conosciamo: lo stiamo vedendo all'opera anche sul caso Montepaschi di Siena, questione di cui l'ex Governatore di Bankitalia e Bce ha così tanta paura da non dirci perché il Tesoro non promuove un'azione di responsabilità verso gli ex amministratori Viola e Profumo, condannati per gravi reati finanziari. La vita degli italiani che il governo infila in questo piano non ha pieni diritti, è piuttosto mera esistenza, infilata in un mondo disegnato col compasso da élite e poteri «altri». Vogliono più mercato nell'energia e nelle concessioni autostradali? Non bastano le panzane che ci hanno venduto dal Britannia in avanti? Ai Benetton e agli altri soci di Atlantia daranno 400 milioni di ristori, in barba alla frustrazione dei ristoratori e degli altri operatori economici al collasso. Che per SuperMario sono aziende zombie. Il futuro passa dai distretti delle piccole imprese alle nuvole, ai cloud che gestiranno i big data dei cittadini. L'ex capo di Vodafone, Colao, si è preso McKinsey per scrivere appunto un'agenda digitale che progressivamente spingerà i lavoratori e le professioni fuori dal mercato del lavoro. Sarà il mondo dell'automazione e degli algoritmi. Quella «modernità» che l'altra sera in televisione Cecchi Paone ha schiaffato in faccia ai ristoratori: dovete rassegnarvi al delivery. Questo PNRR è la rete perfetta dove impigliare le vite e il futuro degli italiani. Altro che la grande e irripetibile occasione.

 

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