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Pensioni e quota 100, "assegno in due tempi". L'idea dell'Inps: prima parte a 62 anni, il resto a 67

Inps

Filippo Caleri
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In attesa di capire cosa accadrà della Quota 100 che appare e scompare come per magia nei documenti del governo. E che in ogni caso anche se confermata oltre la scadenza del 2021 va comunque messa nera su bianco con un nuovo atto legislativo, il dibattito sulle nuove modalità per uscire dal lavoro ferve e si arricchisce di idee e ipotesi suggestive. Così se la trincea della Lega è eretta a difesa del principio che non si può per accontentare l'Europa spostare ancora in avanti la linea dell'uscita: «L’ultima cosa da fare è aumentare l’età pensionabile» ha detto Matteo Salvini nei giorni scorsi, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha spiegato nel corso di un convegno la sua soluzione per trovare un punto di mediazione nell’introduzione dei criteri per favorire una maggiore flessibilità in uscita.  

La proposta prevede il pagamento dell’assegno in due tranche. La prima parte calcolata in base alla quota contributiva (quella maturata con i versamenti dal 1995 in poi) da erogare a 62-63 anni di età e con il requisito minimo di 20 anni di contribuzione.

La seconda parte, cioè quella i cui contributi sono stati versati prima del ’95, dunque calcolati con il sistema retributivo e che hanno un peso specifico maggiore nella determinazione dell'importo, sarebbe aggiunta alla prima partre a partire dai 67 anni.

Insomma una pensione in due tempi che potrebbe consentire a chi vuole lasciare il lavoro, o è costretto dalla crisi economica dell'azienda, di poter contare su un assegno che consenta il sostentamento, per poi attendere dopo 4-5 anni di ottenere tutto il maturato. Tridico avrebbe previsto anche alcune agevolazioni per raggiungere il traguardo prima come lo «sconto» di un anno per ogni figlio per le donne lavoratrici oppure un anno in meno ogni dieci anni di lavori usuranti e gravosi. In questo modo i soggetti più deboli potrebbero arrivare a ottenere l’assegno completo prima del tempo. La proposta prevede dunque la divisione in due quote della pensione: quella contributiva e quella retributiva. 

 Questa sarebbe l’idea per la riforma più urgente, quella che deve essere pronta per la fine di Quota 100. Sempre nel novero degli interventi urgenti il presidente dell’Inps ha richiamato le finestre di uscita per i lavoratori fragili; le facilitazioni per i disoccupati anziani, in situazione di particolare vulnerabilità. E le misure per i lavori gravosi, come ad esempio per gli edili addetti a lavorazioni acrobatiche e ponteggi (dove alta è l’incidenza degli infortuni).

Tra i capitoli di una riforma di lungo periodo, invece, si punta a creare una  pensione di garanzia per i giovani che tra sistema contributivo, bassi salari e precarietà lavorativa, rischiano di trovarsi a 67 anni con un assegno da fame. Per incrementare  la flessibilità in uscita il presidente dell'Inps ha parlato di incentivi per la formazione come il riscatto pieno e gratuito per gli anni di laurea. Infine, sempre secondo Tridico, altri buoni strumenti in campo previdenziale potrebbe essere quello della «staffetta generazionale» ovvero la trasformazione dei contratti dei dipendenti più anziani in contratti part-time e al contestuale assunzioni di lavoratori giovani con i risparmi conseguiti dall'azienda.

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