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C'è ancora un piano B per salvare e rilanciare Alitalia

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Filippo Caleri
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Avviare un'operazione di sales e lease back (vendita e riaffitto degli asset aziendali, in primis gli aerei) e usare la liquidità incassata per avviare una seria ristrutturazione. «Che non parta dal taglio del costo del lavoro che, nonostante i proclami, resta tra i più bassi rispetto alle altre compagnie, ma aggredisca, ad esempio, i prezzi gestionali spropositati che ancora l'azienda paga per il leasing degli aerei» spiega a Il Tempo, Gaetano Intrieri professore di Ingegneria aeronautica all'Università La Sapienza. Suggeritore di un piano B di salvataggio di Alitalia che, se attuato, potrebbe dare una prospettiva di speranza alla società senza passare per le forche caudine imposte dall'Ue come la drastica riduzione della flotta e la perdita definitiva del marchio.

 

 

Ora il vettore ha bisogno di soldi in cassa e, per Intrieri, tra i 200 e 300 milioni di dollari si potrebbero ottenere con un'operazione di sales e lease back che darebbe una dote finanziaria che assicurerebbe 607 mesi di autosufficienza. «A quel punto andrebbe avviato un piano di efficientamento serio per rimettere la società in pista e farla tornare sul mercato senza strappi» spiega Intrieri. Il processo di razionalizzazione si svilupperebbe in più aree. Molte sono quelle dove si potrebbe iniziare a riorganizzare per lavorare meglio e con minori costi operativi. «Ad esempio molto si può fare nella ristrutturazione del settore della manutenzione. Altre risorse possono essere recuperate nei contratti di leasing dei velivoli che oggi la compagnia utilizza e i cui canoni continuano a essere troppo alti rispetto al mercato. Per questo vanno ricontrattati» spiega Intrieri che aggiunge: «Un'operazione del genere si può fare, legittima a livello commerciale, ma deve essere condotta da chi ha esperienza nel settore».

 

 

L'ultimo step dovrebbe essere la scrittura di un piano industriale vero. «Quello che c'è ora è stato scritto in poco tempo e non ha efficacia. Per farne uno valido servono mesi. Se si conquista un po' di ossigeno finanziario il tempo ci sarebbe» conclude il professor Intrieri. Occorre fare presto però perché nessuno considera che la compagnia deve ancora due miliardi allo Stato. Quelli dell'ultimo prestito che non è stato ancora considerato inesigibile ma bruciato, sicuramente, con grande facilità.

 

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