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Decreto Covid, Renato Brunetta sblocca i concorsi ma i giovani sono condannati a perderli

Federica Pascale
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Da Nord a Sud vengono sbloccati oltre 110 mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione grazie al Decreto Covid, che introduce nuove norme per semplificare le procedure concorsuali e garantirne lo svolgimento in sicurezza nonostante la pandemia. Scuola, giustizia, salute, università. Il Decreto-Legge n. 44 del 1° aprile 2021 sblocca i concorsi già banditi e permette di bandirne di nuovi. Tra i più attesi: il maxi-concorso di Roma Capitale ma anche quello di Banca d’Italia e Inps. “Permettiamo alla Pubblica Amministrazione di rigenerarsi dopo anni di blocco del turnover e di depauperamento” commenta il ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta.

Tra le nuove misure, però, una in particolare danneggia i candidati più giovani. La norma incriminata è l’art. 10 del D.L 44/2021, volto a semplificare le attività di reclutamento del personale della pubblica amministrazione. Purtroppo, oltre a semplificare, danneggia i diplomati, i neolaureati e chiunque non abbia i mezzi per finanziare i propri studi. Infatti, le amministrazioni potranno, secondo Decreto, prevedere “una fase di valutazione dei titoli legalmente riconosciuti ai fini dell'ammissione alle successive fasi concorsuali.” Questa fase preselettiva per soli titoli preclude inevitabilmente la partecipazione al concorso a tutti gli aspiranti concorsisti non ancora in possesso del titolo di laurea. Inoltre, esclude a priori la valutazione del merito, soprattutto nei casi in cui nessun titolo è richiesto per la qualifica del posto da ricoprire. 

 

 

Sempre l’art. 10, inoltre, stabilisce che “i titoli e l'eventuale esperienza professionale, inclusi i titoli di servizio, possono concorrere alla formazione del punteggio finale.” In questo modo vengono ulteriormente svantaggiati i candidati più giovani, magari in cerca del primo posto di lavoro e, quindi, senza o con insufficienti esperienze lavorative alle spalle. Infatti, anche nel caso in cui i giovani candidati abbiano superato le prove preselettive per titoli e le prove scritte ed orali per merito, verrebbero facilmente superati da candidati più maturi che otterrebbero un punteggio più alto grazie ai sopracitati titoli di servizio. Per altro, la norma non indica criteri chiari per la scelta di questi titoli, lasciando incautamente carta bianca alle singole amministrazioni.

“Non è una modalità meritocratica” afferma il Deputato 5 Stelle Manuel Tuzi, che ha già presentato un’interrogazione al Ministro Brunetta, “è giusto che chiunque voglia possa partecipare ai concorsi pubblici e avere la possibilità di dimostrare le proprie capacità a prescindere da titoli o da esperienze lavorative”.

Peraltro, l’Unione Europea ci chiede di migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione in vista del Recovery Fund, una grande opportunità per riparare i danni della pandemia e fronteggiare altri problemi di ben più vecchia data, come la disoccupazione giovanile da numeri record. 

 

 

“Nessuna legge o incentivo ha la possibilità di avere ricadute positive sui cittadini, imprese e territori se non può contare per la sua attuazione su una amministrazione pubblica all’altezza” scrive sui propri canali social il vicepresidente del Gruppo Misto, Alessandro Fusacchia, co-fondatore di Movimenta, che insieme al Forum Diseguaglianza e Diversità e Forum PA, ha presentato “Il Fattore umano”, un vademecum per assumere presto e bene nelle pubbliche amministrazioni.  

Forse un documento del genere potrebbe aiutare Brunetta a correggere il Decreto che senza alcun motivo o giustificazione chiude le porte alle nuove generazioni, condannando la pubblica amministrazione all’invecchiamento invece che al ringiovanimento tanto auspicato, anche dallo stesso Ministro.

Oltre ai forti dubbi di costituzionalità delle nuove misure, dispiace fortemente evidenziare come ancora una volta sono state tradite le legittime aspirazioni dei giovani italiani che, a seguito di simili notizie, non possono che radicare un profondo senso di sfiducia e impotenza. Gli stessi giovani che tutta la classe politica si preoccupa di menzionare ad ogni occasione utile, che indica come futuro e speranza per la crescita del nostro Paese, sono ancora una volta intrappolati in un sistema tossico che li farà scappare per sopravvivere.

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