l'eredità giallo-verde

Riforma pensioni, quota 100 resta. Reddito da rifare

Filippo Caleri

La notizia non può che far piacere alla Lega e a molti lavoratori che sono in attesa di andare in pensione. Nonostante i propositi del governo rosso-giallo di chiuderla anticipatamente la Quota 100 resta in vigore, come deciso all’atto della sua introduzione, fino al 2021. Nessun cambio in corsa dunque come nelle intenzioni iniziali di alcuni esponenti della maggioranza. La scelta di non toccare nulla è stata confermata nella bozza del Piano nazionale delle riforme circolate ieri. «Il governo ha già intrapreso un confronto con le parti sociali in vista della conclusione della sperimentazione di Quota 100, che la legislazione vigente fissa per fine 2021, e valuterà le scelte in materia alla luce della sostenibilità anche di lungo periodo del sistema previdenziale e del debito pubblico garantendo al contempo il rispetto per l’equità intergenerazionale e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».

Un’affermazione salutata con soddisfazione dal padre della riforma pensionistica Claudio Durigon, ex sottosegretario del lavoro nel governo grillo-leghista. «I giallorossi sono costretti ad ammettere la validità di Quota 100 e a portarla avanti fino alla fine della sperimentazione. È evidente che con 246mila approvate e oltre 300mila domande presentate non siamo davanti a un ammortizzatore sociale ma a uno strumento di cui aveva bisogno l’intero mercato del lavoro per ripartire dopo i disastri macchinati proprio dai governi Pd». Se alla Quota 100 è andata bene meno fortuna sembra avere l’altra norma cardine del precedente governo, quella che ha introdotto il reddito di cittadinanza. «A distanza di un anno dalla sua introduzione si dovrà valutare l’efficienza e l’efficacia del RdC e cercare di introdurre i necessari miglioramenti» viene spiegato nel capitolo dedicato alla misura che aggiunge «appare chiaro che l’attuale crisi pandemica ne ha complicato la valutazione ed enfatizzerà il ruolo dello strumento come sostegno alla povertà ma in futuro dovrà essere valutato come sia stato in grado di cambiare lo status lavorativo del percettore e se il processo di reinserimento formativo sia stato efficace». Insomma a causa del Covid l’assegno sociale potrà restare così com’è anche con le sbavature evidenziate nel periodo di applicazione, ma a regime qualche modifica per tararne l’uso dovrà essere apportata magari integrandolo con l’arrivo del salario minimo sul quale il governo Conte intende tornare a discutere. La paga minima sarebbe «strumento di sostegno del potere d’acquisto dei salari e vettore di protezione e rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale nei settori più deboli e a basso tasso di sindacalizzazione nei quali strutturalmente non opera la contrattazione di secondo livello».

  

Intanto dai grillini sono arrivati deboli segnali di apertura sul nodo delle risorse del Meccanismo europeo di stabilità. Il sottosegretario M5s agli Interni, Carlo Sibilia, è stato possibilista ma fino ad un certo punto: «Siamo sempre stati contrari, perché ci sono clausole dannose. Se siamo certi che non ci sono più, è chiaro che le difficoltà si superano». E l’apertura di credito è arrivata anche dal ministro degli esteri, Luigi Di Maio: «Sul Mes non c’è alcuna battaglia ideologica, a differenza di come la questione viene spesso presentata».