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In Bankitalia 107 miliardi d'oro

Filippo Caleri
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C'è un tesoro che cresce in Via Nazionale. Sono i lingotti d'oro, depositati (solo in parte) nella cosiddetta «Sacrestia» di Palazzo Koch e che nel 2019, secondo l'ultimo bilancio della Banca d'Italia, rappresentavano un valore di quasi 107 miliardi di euro. Alla fine del scorso anno l'importo scritto nel patrimonio era pari a 106.742 milioni di euro con un incremento di 18.378 milioni rispetto alla fine dell'esercizio precedente. Non c'è stato nessun nuovo acquisto, però. La consistenza è rimasta invariata a 79 milioni di once, pari a 2.452 tonnellate, e la rivalutazione è dovuta esclusivamente alla maggiore quotazione del metallo. Rispetto alla fine del 2018 il prezzo dell'oro è aumentato del 20,8 per cento (da 1.120,961 a 1.354,104 euro per oncia).  Per approfondire leggi anche: I portoghesi di Banca d'Italia Vista l'evoluzione dei primi mesi dell'anno è ragionevole pensare (anche se il prezzo medio di carico è la media di quello dell'intero anno) che il tesoro sul quale siede il governatore Ignazio Visco sia oggi ancora più ricco. L'ultima quotazione disponibile, quella del 3 aprile scorso, è di 1.618 dollari all'oncia (il 16% cento in più). Non male come gioielli di famiglia. Anche se questo importo è una solo una frazione del debito pubblico rassicura sapere che a fronte di tutta la carta finanziaria emessa dal Paese, un minimo di sottostante (un asset fisico di garanzia) ci sia. Nessuno pensi di vendere però. Nemmeno qualcuno dalle parti Palazzo Chigi o via XX settembre alla ricerca spasmodica di cash per finanziare una delle crisi più dure del Paese dal dopoguerra. Non si può fare. La gestione dei lingotti è

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