Ex Ilva, allo stop dell'altoforno 2 scatta la cassa integrazione per 3500 lavoratori
Dopo la decisione del tribunale di Taranto, che ha rigettare la richiesta di proroga presentata dai commissari dell'Ilva sull'uso dell'Altoforno 2, arriva la reazione di ArceloMittal. Il gruppo euro-indiano ha comunicato ai sindacati metalmeccanici una cassa integrazione per 3.500 persone a fronte del prossimo stop, causa sequestro, dell'altoforno 2. Per approfondire leggi anche: Crisi Ilva, gli operai in sciopero invadono Roma Comunicazioni respinte al mittente dai sindacati: "Fim, Fiom e Uilm hanno rigettato la comunicazione avanzata da ArcelorMittal e già a partire da domani, in occasione dell'incontro ministeriale, chiederanno con forza di fare chiarezza su una procedura di cassa integrazione che di fatto sostituirebbe l'attuale cassa integrazione per crisi congiunturale con la cassa integrazione straordinaria facendolo diventare un problema di carattere strutturale", dicono le sigle metalmeccaniche di Taranto in una nota congiunta. L'azienda vuole avviare una cassa straordinaria per 3500 addetti, comprensiva dei 1273 che l'azienda lo scorso 5 dicembre aveva dichiarato di voler mettere in cassa ordinaria per crisi di mercato per 13 settimane. La cassa straordinaria è motivata con la prossima fermata dell'altoforno 2, uno dei tre attualmente operativi nello stabilimento, dopo che il giudice Francesco Maccagnano ha rigettato ieri la richiesta con cui Ilva, proprietaria degli impianti, chiedeva più tempo rispetto alla scadenza del 13 dicembre per effettuare gli ulteriori lavori di sicurezza all'altoforno. Per i sindacati, che contestano duramente l'annuncio di Mittal, "è giunto il momento da parte del Governo e di Ilva in A.S., al momento unici proprietari dello stabilimento siderurgico, di fare chiarezza sul futuro ambientale, occupazionale e industriale di un sito di interesse strategico per il Paese".