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Il nodo Ilva tormenta il governo. Scontro frontale tra Confindustria e sindacati

Carlo Antini
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Il giorno dopo il blitz a Taranto del premier Conte si avvicina una settimana decisiva per il futuro dell'Ex Ilva. La scelta forte di metterci la faccia da parte del presidente del Consiglio è il preludio al nuovo incontro che ci sarà all'inizio della prossima settimana (martedì il giorno più gettonato) con i vertici dell'azienda. Intanto sul piano politico la temperatura resta altissima. «Se l'intenzione di Arcelor Mittal è quella di andarsene dopo aver firmato un contratto con lo Stato italiano in cui si impegnava a prendere 10.500 lavoratori e a fare 8 milioni di tonnellate di acciaio a Taranto, allora ha sbagliato governo perché non glielo permetteremo», ribadisce il capo politico M5S, Luigi Di Maio. L'attuale numero uno della Farnesina attacca poi direttamente gli ex colleghi di governo della Lega che «invece di stare dalla parte dei cittadini sono dalla parte della multinazionale, forse perché avevano azioni e bond di Arcelor Mittal». Dal Pd prende la parola il vice ministro dell'economia Antonio Misiani che invita tutti a tenere i «nervi saldi» per «costringere Mittal a sedersi al tavolo della trattativa». La convinzione che lo scudo fiscale sia solo un alibi mentre il vero nodo siano gli esuberi è ben presente in tutte e quattro le anime del governo, anche se in merito alla sua reintroduzione i pareri sono discordanti. Sullo sfondo resta l'ipotesi nazionalizzazione, non disdegnata dall'ala sinistra del M5S come da quella del Pd (Fico e il ministro Boccia) ma che altre forze come Italia Viva vedono come fumo negli occhi. Allo stesso tempo il governo si prepara anche allo scenario peggiore: battaglia legale e sostegno all'occupazione da mettere in campo in prima persona. Un vero e proprio cubo di rubik davanti al quale l'opposizione ha buon gioco, ma non solo. A criticare aspramente la gestione del caso Ilva c'è anche Confindustria. «Nazionalizzare? Il problema è chi paga. Questo governo ha generato la causa e dovrebbe risolverla in una logica di impresa», tuona il presidente Vincenzo Boccia. «Occorre prendersi le responsabilità e avere il senso del limite. Il paese deve attrarre e fidelizzare investitori invece ha la capacità di farli scappare. Se la questione non è lo scudo lo mettessero quanto prima. Il problema non è chi ha ragione in sede giudiziaria fra 20 anni ma il presente», aggiunge ancora. L'invito del numero uno degli industriali è quello di «sedersi al tavolo e capire le situazioni» perché «l'economia e le imprese sono fatte anche da momenti congiunturali positivi e negativi e occorre affrontare le questioni con onestà intellettuale». Una riflessione che fa arrabbiare i sindacati ma che non piace nemmeno alla maggioranza secondo cui, come spiega il dem Andrea Orlando, «il presidente di Confindustria giustifica in qualche modo il comportamento di Arcelor Mittal». La partita resta aperta ed è più complessa che mai.

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