confindustria dice no alla manovra
Gli industriali mordono il governo: "Conte convinca i suoi o si dimetta"
«Se fossi in Conte chiamerei i due vicepremier e direi loro di togliere 2 miliardi l’uno e due l’altro. Se nessuno dei due volesse arretrare mi dimetterei e denuncerei all’opinione pubblica chi non vuole arretrare». Così il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, conclude a Torino l’incontro delle categorie produttive a sostegno della Tav. E ai vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, invia una «promessa» e un «consiglio». «La promessa per Di Maio è che se ci convoca tutti e 12 non lo contaminiamo, il consiglio a Salvini, che ha preso molti voti al nord, di preoccuparsi dello spread perché le imprese se ne preoccupano e il contributo al premier è che questa manovra vale 41 miliardi di cui 18 per pensioni e reddito di cittadinanza. Per quattro miliardi appena evitiamo la procedura di infrazione», conclude. Poi arrivano le stoccate sulla Tav. «Se siamo qui significa che siamo a un punto quasi limite di pazienza». Così il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, a margine della manifestazione ’Infrastrutture per lo sviluppo, Tav, l’Italia in Europà che vede riuniti alle Ogr di Torino 12 associazioni in rappresentanza di industriali, artigiani, commercianti, cooperative per un totale di circa 3000 persone. «Se siamo qui qualcuno si dovrebbe chiedere perché - ha aggiunto Boccia - la politica è una cosa troppo importante per lasciarla solo ai politici. Noi stiamo facendo proposte di politica economica per evitare danni al Paese. Lo stiamo facendo con una logica di rispetto delle istituzioni, certo che se qualche ministro quando gli facciamo una proposta ci chiede una mail, ci costringe a fare operazioni come questa di Torino. Il problema evidentemente - ha concluso il leader degli industriali - non siamo noi». E Confindustria ha avuto parole di fuoco anche per la manovra economica in via di approvazione. «Noi siamo contro questa manovra - ha detto il presidente Boccia - Non ha nulla di crescita, non ha un impatto sull’economia reale. Occorre un equilibrio tra le ragioni del consenso e quelle dello sviluppo».