nodo pensioni
Quota 100 per 3 anni. Poi si esce con 41 di contributi
Rilanciare. Il vicepremier Matteo Salvini, sulle pensioni così come in altri argomenti, ama buttare la palla ancora più lontano: non si ferma a quota 100, ma va oltre. A febbraio "ci saranno le prime uscite", dice il vicepremier, aggiungendo che si tratterà dell’inizio di un "percorso" e che "l’obiettivo finale è Quota 41", in modo da far "guadagnare qualche anno di vita a chi uscirà, e liberare centinaia di migliaia di posti di lavoro per il giovani". Le parole di Salvini fanno scorgere ciò che potrebbe essere essere un vero e proprio »pacchetto pensioni" da inserire all’interno della manovra, o da approvare subito dopo la legge di Bilancio. Questo testo (forse un emendamento da presentare in Parlamento nei prossimi giorni o forse un provvedimento distinto) servirà a chiarire i dettagli per il presente, e gettare le basi per il futuro. La quota 100 vera e propria, come è noto, permetterà di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Si è molto discusso sulla difficoltà per far diventare strutturale questo meccanismo, con costi notevoli. Sull’argomento, Salvini sottolineato che la prospettiva è triennale per l’impostazione stessa del Documento di economia e finanza (Def) e della manovra, due documenti che disegnano uno scenario per i prossimi 3 anni. Ma l’ambizione del vicepremier è di sostituire, dal 2022, quota 100 con quota 41. Ciò permetterebbe di ritirarsi dal mondo di lavoro con un unico requisito di contribuzione, a prescindere dall’età. Ovviamente, però, andare in pensione prima porterebbe un assegno meno consistente, soprattutto in un futuro più remoto come il 2022, quando buona parte della platea interessata ricadrà in un sistema misto contributivo-retributivo, che penalizza di più le uscite anticipate. Quota 100, nei piani del Carroccio, sarebbe una "misura ponte" verso un meccanismo diverso, e forse sostenibile, per i conti pubblici. Entrando nei dettagli del "pacchetto previdenziale" che dovrebbe presto uscire dalle stanze del Governo, sembrano sempre più solide due ipotesi circolate negli ultimi giorni: le finestre mobili (con 3 mesi nel privato) e il divieto del cumulo dei redditi di lavoro per cinque anni dal pensionamento anticipato. Sarebbero tollerate solo remunerazioni sotto i 5 mila euro annui. Questo dovrebbe scoraggiare i lavoratori ad andare in pensione prima, ma potrebbe anche spingerli a farsi pagare in nero. Chiude il quadro l’Opzione Donna, il cui rinnovo sarà quasi certamente annuale (non triennale), con la possibilità di successive proroghe nelle prossime leggi di Bilancio.