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Manovra in alto mare

Ancora scontro sull'entità dello sforamento nel bilancio

Filippo Caleri
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Nei piani alti del ministero dell'Economia si è lavorato fino a tarda notte. I tecnici che affiancano il ministro Giovanni Tria hanno cercato fino all'ultimo il compromesso con la forza politica che più ha insistito per alzare l'asticella del rapporto deficit-Pil fino al 2,4 per cento.  Questa la richiesta del Movimento 5 stelle. O meglio dell'ala più ortodossa dei grillini, disposta a spaccare tutto, anche a costringere il ministro Tria a presentarsi dimissionario senza quel numero. Anche se non sarebbe un buon viatico per i mercati vedere uscire dalla compagine governativa il ministro, un minuto dopo la presentazione del Def (Documento di economia e finanza) primo atto ufficiale della sessione di bilancio. Eppure questo è il pericolo. Che ieri si espresso in frizioni anche tra gli stessi i pentastellati. Da una parte quelli pronti a tutto anche a spaccare la maggioranza e, dall'altra, l'ala dialogante con il Tesoro. Pronta ad accettare anche che il deficit si fermi all'1,9%, anzi per molti la battuta è: «Va bene l'1,99%». Nel senso che un pelo sotto il 2 sarebbe già una conquista e una vittoria. Non è chiaro chi sia risultato vincitore. Intanto lo strappo sui conti è stato portato anche all'attenzione del Carroccio. E Matteo Salvini ha riunito per questo i suoi esperti economici in una riunione. Il titolare del Tesoro finora ha mantenuto finora una linea prudente ribadendo di voler fissare il deficit all'1,6% del Pil, livello che consentirebbe di rispettare gli impegni con l'Europa. La resa dei conti sarà con ogni probabilità oggi al Consiglio dei ministri che dovrà varare la nota di aggiornamento al Def con le nuove stime di crescita e gli obiettivi di finanza pubblica. Anche se la riunione dovrebbe essere preceduta da un altro vertice di governo. E il M5s è ha fatto sapere che, nonostante le resistenze del Mef, non solo il reddito di cittadinanza ma anche la riforma della legge Fornero per introdurre «quota cento» per le pensioni anticipate è una «conditio sine qua non» per votare la legge di Bilancio. «Non ci fermeranno i tecnocrati né gli euroburocrati. Orgogliosamente dalla parte del popolo italiano», ha scritto il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, sui social. «La battaglia che dobbiamo portare avanti è contro una zavorra del vecchio sistema di cui dobbiamo liberarci perchè vogliamo che il nostro paese spicchi il volo».«Abbiamo trovato i soldi, si sacrificano i privilegi dei potenti di cui non ce ne può fregare di meno» perché «sono più importanti i cittadini», ha rassicurato in diretta Facebook. Dagli Usa è arrivato il pieno appoggio del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Gli investitori sono nostri alleati in questo progetto di riforme». «Stiamo lavorando molto seriamente per realizzare riforme strutturali e liberare le risorse economiche e realizzare un piano infrastrutturale serio» ha proseguito. Sui numeri il premier non si è sbilanciato: «Supereremo il 2%? Non do numeri sino a quando non delibereremo», ha replicato a proposito del rapporto deficit-Pil. Da Bruxelles intanto è arrivato un altolà: «La situazione dell'Italia è diversa da quella della Francia, perché l'obiettivo di deficit nominale al 1,6% è già a limite di quanto consentito dal Patto di Stabilità e Crescita. Lo sforzo strutturale realizzato nel 2019 sarebbe infatti pari allo 0,1% contro lo 0,6% richiesto dalle regole europee. Se l'Italia dovesse superare il margine dello 0,5% di flessibilità sullo sforzo strutturale, la Commissione potrebbe bocciare il progetto di legge di bilancio, chiedendone una nuova versione entro due settimane dalla sua presentazione», è stata la valutazione. Ma Tria ha continuato a difendere la sua posizione: «Ho giurato sull'esclusivo interesse della Nazione e non di altri, e non ho giurato solo io, ma anche gli altri. Ognuno può avere un'idea dell'interesse della nazione. Interpretare bene questo mandato è quello che stiamo cercando di fare», ha detto il ministro a margine di un convegno. Assicurando poi che il reddito di cittadinanza sarà in manovra, ma ha ammonito: la manovra non deve «portare a dubbi di sostenibilità del debito». E sul fronte pensioni ha lasciato intendere che si tratterà solo di ritocchi: «Bisogna accompagnare e accelerare l'uscita dalle imprese di un personale che è diventato molto anziano, per fare entrare giovani con competenze diverse. La staffetta generazionale è più un problema di competenze che di età».

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