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Ci vendiamo anche le mutande (di lusso)

Il 100% de La Perla passa agli anglo-olandesi di Sapinda. È l'ultimo di una serie di marchi di prestigio venduti all'estero. Tremano 650 addetti

Filippo Caleri
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C'è un altro pezzo di Italia, l'ennesimo, che se ne va. Un simbolo di fascino, seduzione e lusso come il gruppo La Perla, produttore di lingerie di alta gamma, passa nelle mani di un fondo anglo olandese. Le azioni di Perla Global Management, che controlla il marchio, sono state acquisite, ieri, al 100% dalla Sapinda Holding. Il marchio, nel 2013, era stato acquisito dalla Pacific Global Management di Silvio Scaglia (fondatore di Fastweb) che aveva avviato il processo di riposizionamento del brand con un'iniezione di capitale fresco di 350 milioni per aumentare la presenza commerciale nelle vie del lusso di tutto il mondo con nuovi punti vendita. Scaglia aveva rilevato il marchio in un'asta al tribunale di Bologna vinta con un'offerta di 69 milioni di euro che aveva superato concorrenti come Calzedonia. Il via libera all'accordo per la cessione dell'azienda è arrivato dopo la scadenza dell'accordo siglato con i cinesi di Fosun Fashion Group che ha avuto un mese di tempo per analizzare i conti della società. Al termine dei 30 giorni, però, la trattativa non è andata a buon fine. Così è arrivata Sapinda gruppo di investimento che opera tra Europa, Africa e Asia. La velocità della cessione ha impensierito le maestranze. La Perla impiega oltre 1.500 persone nel mondo, di cui 650 in Italia, con due siti produttivi a Bologna e in Portogallo. I sindacati hanno saputo della vendita qualche minuto prima del comunicato ufficiale e hanno parlato di «fine di un percorso di relazioni industriali» che lascia «tutti nell'incertezza». La holding olandese ha però confermato l'intenzione di investire ulteriormente, e migliorare la posizione finanziaria perseguendo la strategia di crescita. In attesa di capire il destino della società che ha vestito di pizzi attrici e top model famose come Naomi Campbell la partenza della stanza dei bottoni di un marchio rinomato verso un paese estero è solo l'ultimo di una lunga lista di brand del lusso made in Italy finiti in mani straniere. Tra i più significativi, Gucci acquisita dalla holding francese Kering nel 1999 per 3 milioni di dollari. Kering ha successivamente acquisito nel 2001 il marchio italiano di pelletteria Bottega Veneta. Da segnalare che poi a sua volta Gucci ha ac- quisito Richard Ginori. E che ancora Kering ha preso Puma nel 2007 nella propria divisione Sport&Lifestyle per aggiungere, nel 2013, anche i gioielli Pomellato. Nello stesso anno i francesi di Lmvh hanno invece acquisito Loro Piana, specializzata nel cashmere. Il gruppo francese guidato da Ar- nault aveva già rilevato il marchio di gioielli romano Bulgari con un'operazione da 4,3 miliardi di euro nel 2011 e anche Fendi. Nel 2011 la storica catena La Rinascente è passata a una società thailandese, la Central Retail Corporation. Le griffe italiane fanno gola non solo alla Francia ma anche all'estremo Oriente considerato anche l'esempio di Krizia passata di mano ai cinesi di Shenzhen Marisfrolg Fashion Co Ltd, azienda leader sul mercato asiatico. Infine la Valentino Fashion Group passato nel 2012 per oltre 700 milioni di euro alla Mayhoola for Investment, società del Qatar riconducibile allo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani.

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