learning drink
Ecco i modelli gestionali del futuro
Si chiama “Learning Drink”, ovvero un incontro informale che combina la convivialità di un aperitivo con l’opportunità di scambio e confronto. E’ il nuovo format formativo che punta a favorire lo sviluppo del tessuto imprenditoriale, ideato anni fa da challenge network, società di formazione manageriale all’avanguardia per metodologie e innovazione. Ed è stato, per l’appunto, un “learning drink” - organizzato da Challenge Network e dal Belloni & Associates Agilium Worldwide Italy, patrocinato da Unilever - ad affrontare un tema non più rimandabile: “Future HR: from best practice to next practice”. “Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere profili manageriali e business leader non in una conduzione d’aula classica ma in una tavola di confronto più interattiva. Abbiamo messo al centro le risorse umane riconoscendo loro un valore altamente strategico capace di incidere realmente sul business”, ha dichiarato Daniele Garganese, responsible di settore di Challenge Network. Il vero salto del mondo del lavoro è quello che passa dal best-practice al next-practice, dove il concetto di “next” corrisponde all’esigenza di “reinventare il modo di fare HR in un contesto organizzativo e di business che cambia a una velocità esponenziale, dove i cambiamenti non sono più prevedibili e richiedono un’apertura mentale degli HR. Dobbiamo reinventarci e convincere i nostri business leader a farlo insieme a noi”. Questa la sintesi di Gianfranco Chimirri, direttore risorse umane e comunicazione di Unilever Italia. Al suo fianco, Valentina Mirra (senior human capital manager di Deloitte), Adrien Desboudard (HR director General Electric), Renata Maria Duretti (HR manager Ikea) e Angelica Velati (Head of strategic clients di Google). Sono tutti d’accordo: tutto quello che andava bene due anni fa, oggi è superato. E’ saltato il sistema che collegava il business unicamente al budget, al performance management, al business plan, ai piani triennali e alle job description. E’ il futuro che si traduce nella capacità di essere contaminati dall'“Open talent economy”; che non mira al target, ma a un orizzonte; che non parla più di curriculum, ma di brief, come elemento di valutazione e contemporaneamente una soluzione di business. E’ l’apertura delle organizzazioni ai talenti esterni, ma anche una visione più ampia dell’engagement interno, dove il 20% del proprio tempo in azienda stravolge il concetto di mansione specifica e si apre alle libere idee, che poi diventano progetti approvati e finanziati dall’azienda stessa. Cambia il valore della leadership e con lui, lo stile gerarchico: non più figure addette al comando e controllo, attente a minimizzare il rischio, ma leader capaci di stimolare l’innovazione e la creatività. Qualità non più viste come elementi distonici rispetto al disegno organizzativo, ma come valore aggiunto, forse primario. “Da best a next practice: è un libro che si deve ancora scrivere”, ha commentato Alberto Belloni, managing partner di Agilium Worldwide Italy, società che opera nel mondo dei servizi alle imprese su progetti di executive search, valutazione del potenziale manageriale e di implementazione strategica ed organizzativa, con una visione globale grazie alla presenza in oltre 30 nazioni. “Oggi - aggiunge Belloni - in questo confronto culturale tra aziende leader nel loro settore e anche innovative, abbiamo raggiunto una consapevolezza: mentre il mondo è in rapido cambiamento, aziende che hanno una tranquillità per quanto riguarda la sopravvivenza economica stanno sperimentando nuovi modelli gestionali. Dal mio punto di vista - valuto e seleziono giornalmente manager consolidati di circa 55/60 anni e giovani manager in crescita di 30 - l’approccio culturale è completamente differente. La sfida che aspetta le aziende è quella di gestire classi di popolazioni con approcci mentali differenti, nonché modi di lavorare diversi tra loro. La sfida è quella di non disperdere il valore che c’è tra le differenze generazionali, ma riuscire a massimizzarlo”.