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Tasse sul tabacco, l'Italia come il resto d'Europa

Gli emendamenti al DL Fiscale

Carlo Antini
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Il settore del tabacco si sa, è il salvadanaio che qualsiasi governo decide di rompere quando a fine anno è a corto di coperture.  Lo scopo è sempre quello: fare cassa e allo stesso tempo perseguire obiettivi di salute pubblica. Quest'anno la musica sembra cambiata. Negli ultimi anni ad aumentare, anno dopo anno, sono stati solo i prezzi delle sigarette più care. I prezzi delle sigarette più economiche, invece, non hanno subìto rincari o sono addirittura scesi, incentivando il consumatore a spostarsi con convenienza verso i prodotti a prezzo basso, che pagano meno tasse allo Stato. La riforma della tassazione delle sigarette del 2014 aveva avviato un primo cambiamento, introducendo come in Germania l'onere fiscale minimo (espresso in Euro), ossia la tassazione totale sulle sigarette di prezzo più basso con la possibilità di adattarla anno dopo anno. Con il passare del tempo, per effetto dei meccanismi fiscali e di mercato impliciti nell'attuale struttura fiscale, il valore dell'Onere fiscale minimo oggi vigente (175,54 €/kg) è stato uno strumento sempre più inefficace. Non sono cresciuti i prezzi e non è cresciuto il gettito. In questi giorni, i tecnici quindi hanno deciso di allineare finalmente l'Italia al resto dei paesi Europei con una proposta contenuta in alcuni emendamenti presentati in queste ore al DL Fiscale: l'onere fiscale minimo non dovrebbe essere più definito in euro ma espresso in misura percentuale rispetto al rapporto tra onere fiscale minimo e onere fiscale totale (accisa +IVA), pari al 95,62% (questa cifra non è che la fotografia del rapporto attuale). In questo modo, il suo aggiornamento diventerebbe automatico al variare del prezzo medio. Nessun aumento delle tasse, dunque, ma un opportuno adeguamento automatico che consente che modifiche della tassazione – come quelle automatiche ogni anno – si trasmettano all'intero mercato.

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