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Mattarella firma, addio Equitalia e cartelle senza sanzioni

Le multe si pagano, gli interessi no. L'erario conta di ottenere un gettito di 2 miliardi dalla rottamazione. Renzi: "Nessun condono"

Silvia Sfregola
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Addio a Equitalia e agli interessi di mora; niente aliquota forfettaia al 35% per il contante nella "voluntary disclosure"; via gli interessi sulle multe. Sono i punti principali del decreto "disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili", firmato oggi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Equitalia sarà soppressa a decorrere dal 1 luglio 2017 e al suo posto viene istituito un ente pubblico economico denominato "Agenzia delle entrate-Riscossione". Il decreto prevede la "definizione agevolata" dei carichi affidati alla riscossione di Equitalia dal 2000 al 2015: i debitori potranno estinguerli senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora, e potranno dilazionare il pagamento di quanto dovuto in quattro rate. La terza rata entro il 15 dicembre 2017 e la quarta entro il 15 marzo 2018. Alle multe per violazioni al codice della strada saranno cancellati i soli interessi. Per quanto riguarda la procedura di collaborazione volontaria, il decreto stabilisce la riapertura dei termini per le violazioni commesse fino al 30 settembre 2016: sarà possibile avvalersi della "voluntary disclosure" fino al 31 luglio 2017. Abbandonata invece l'ipotesi dell'imposta forfait al 35% sul contante da regolarizzare. Il decreto, inoltre, contiene misure per il potenziamento della riscossione e per il recupero dell'evasione, nonché delle disposizioni sul credito d'imposta. Dalla rottamazione delle cartelle di Equitalia e dal sistema di "definizione agevolata" l'erario conta di ottenere un gettito di 2 miliardi. I contribuenti che sceglieranno di rottamare le proprie cartelle Equitalia potranno pagare l'importo dovuto in quattro rate. "Relativamente ai carichi inclusi in ruoli, affidati agli agenti della riscossione negli anni dal 2000 al 2015, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni incluse in tali carichi, gli interessi di mora, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive, provvedendo al pagamento integrale, anche dilazionato, entro il limite massimo di quattro rate". Le prime due rate sono ciascuna pari ad un terzo ciascuna e la terza e la quarta pari ad un sesto ciascuna delle somme dovute; la scadenza della terza rata non può superare il 15 dicembre 2017 e la scadenza della quarta rata non può superare il 15 marzo 2018. Entro il novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto, il debitore farà una dichiarazione (scaricabile sul sito Internet dell'agente della riscossione) manifestando la volontà di avvalersi della disposizione agevolata. Tra le novità anche la trasmissione dei dati Iva su base trimestrale. Infine, il decreto contiene misure a favore dei Comuni per l'accoglienza di migranti (600 milioni); il potenziamento del tax credit per il cinema e l'audiovisivo (30 milioni); l'incremento al fondo per l'occupazione (592,6 milioni); autorizzazione alla spesa (17.388.000 euro) per la partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia; l'autorizzazione alla spesa per investimenti Fs (720 mlioni); il rifinanziamento al Fondo Pmi (895 milioni). Il decreto fiscale approvato sabato scorso dal Consiglio dei ministri che ha varato contemporaneamente anche la legge di bilancio approderà quindi presto in Parlamento ma il dibattito politico resta vivace. L'operazione da cui il governo punta ad incassare nel 2017 2 miliardi di euro è stata finora al centro della polemica politica per la somiglianza ai condoni del passato. Accuse da sempre respinte dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, e rimandate al mittente anche da Matteo Renzi. "Nel decreto non c'è condono - puntualizza il premier - ma si dice che non si pagano gli interessi che sono stati aumentati talvolta al doppio o al triplo in modo scandaloso". Tra le fila di maggioranza e opposizione c'è poi chi teme una rischiosa sovrapposizione dei provvedimenti in Parlamento. Secondo Renato Brunetta la presenza di un decreto in Parlamento "che condiziona e assorbe in parte la legge bilancio crea un mostro giuridico e parlamentare senza precedenti". 

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