La grande fuga dei pensionati italiani nei paradisi fiscali
Se ne vanno i giovani, ma prendono il volo anche i pensionati. Addio Belpaese, addio all'Italia che spreme fiscalmente chi, dopo decenni di sacrifici, campa con l'assegno dell'Inps; addio alla patria dove con la pensione non si vive ma si sopravvive; e addio alla nazione bella, bellissima, ma che non conviene più. Alla «fuga dei cervelli», dunque, si affianca, ormai da anni, anche quella dei pensionati. Che si scelgano il Portogallo o le Canarie, la Bulgaria o la Tunisia, la Polonia, l'Ucraina o la Romania, l'Asia o l'Oceania, il Nord o il Sud America, la parola d'ordine è una sola: scappare dall'Italia prima che la «grande mamma» statale renda l'ultimo tratto di vita impossibile. Si stima che i pensionati italiani fuori dai nostri confini siano oltre 473mila (dal 2011 al 2014 si sono trasferiti all'estero più di 16mila connazionali con in tasca l'agognato assegno). Si vanno a godere la pensione in più di 150 Stati diversi. Il 70 per cento sceglie altri Paesi europei. Seguono America del Nord e Sudamerica. Sempre più gettonati, però, sono Oceania, Africa e America centrale. Nel 2015 sono fuggiti dall'Italia oltre 5mila pensionati. Nel 2014 sono stati 5.345, il 65 per cento in più rispetto all'anno precedente. In 13 anni, dal 2003 al 2015, il numero delle pensioni liquidate in un anno è passato da 494mila del 2003 a 286mila del 2015 (ma solo per via delle riforme che hanno aumentato l'età media per la pensione da 59,7 anni del 2003 ai 62,7 del 2015). Cifre che obbligano l'Inps ad erogare all'estero trattamenti pensionistici all'anno per oltre 1 miliardo di euro. Nel 2015 risultano in aumento i pagamenti in Spagna (più 22 per cento) ma soprattutto in Polonia (più 105,2 per cento), Romania (152,8), Bulgaria (223,6) e Ucraina (più 307). In salita anche quelle pagate in Grecia, Gran Bretagna e Austria. In ribasso, invece, i trattamenti pensionistici in Francia (meno 16,7 per cento), Belgio (meno 13,6) e Svizzera (meno 1,3). I Paesi prevalentemente scelti dai pensionati italiani sono Portogallo (anche se in calo), le Canarie, ma anche Romania, Albania e Bulgaria. In forte aumento Polonia e Ucraina. Il motivo è piuttosto intuitivo. Per chi approda in questi Stati, il regime fiscale concesso è assolutamente vantaggioso. Alcuni esempi. Le Canarie offrono un bonus per chi ha figli o coniuge a carico, mentre per chi apre un'impresa la tassazione parte dal 15 per cento. Chi ha una pensione minima, poi, non deve presentare nessuna dichiarazione dei redditi. L'aliquota ordinaria dell'Iva è al 7 per cento (da noi al 22). Inoltre, esistono sgravi per l'affitto della casa e la benzina costa 80 centesimi al litro. Quanto al Portogallo, per il pensionato straniero che ci va a risiedere per 183 giorni l'anno, le tasse sulla pensione spariscono per dieci anni. In Bulgaria, poi, grazie agli enormi vantaggi fiscali, si può vivere benissimo anche con un assegno pensionistico di 800 euro al mese. E per chi riesce a farsi accreditare la pensione in loco, la tassazione è appena del 10 per cento. Un discorso simile vale per la Tunisia, che ai pensionati italiani concede un'esenzione fiscale dell'80 per cento e una copertura sanitaria totale. Ma a cosa è dovuto questo vero e proprio esodo che, anno dopo anno, assume proporzioni sempre più preoccupanti? C'è chi decide di godersi gli ultimi anni della propria vita oltreconfine per una scelta «esotica». Si tratta di italiani con una buona condizione patrimoniale e una pensione che si aggira intorno ai 2.300 euro netti. Poi ci sono le coppie di pensionati con in mano un assegno di mille euro ciascuno, che espatriano là dove i vantaggi fiscali e il costo della vita consentono di mettere da parte qualcosa per figli disoccupati o precari (o per i nipotini) che vivono in Italia. Infine, scelgono di lasciare l'Italia anche i pensionati meno fortunati, quelli che incassano meno di mille euro al mese. In questo caso il motivo della fuga, in Paesi con un fisco meno rapace, è la sopravvivenza economica e la possibilità di poter affrontare le spese e gli imprevisti, soprattutto quelli legati alla salute. Per porre un freno alla «fuga del pensionato» che va ad arricchire gli altri Paesi, pochi mesi il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha invitato l'Italia a riflettere «sulla possibilità di non pagare ai pensionati residenti all'estero la parte non contributiva delle loro prestazioni».