Il sogno dorato della globalizzazione non è finito solo per la crisi economica

La globalizzazione è un fenomeno recente che si fa risalire tra la fine degli anni '80 e l'inizio di quelli '90. Il termine ha significato il progressivo fenomeno di allargamento della sfera delle relazioni sociali dello intero pianeta. Barriere di protezione economica abbattute e formazione di un grande mercato mondiale. Le merci potevano circolare liberamente con grandi vantaggi non solo per i consumatori ma anche di quelle genti indigenti, dimenticate da Dio e dagli uomini. La globalizzazione ha consentito inizialmente una grande spinta ai fenomeni economici e finanziari. Per i primi si era creduto ad una crescita senza fine. Per i secondi si era creata l'illusione che l'economia virtuale rendesse tutti ricchi. Il risveglio è stato improvviso e amaro. La veglia è ancora lunga. La crisi feroce non debellata non è un sogno è la realtà che stiamo vivendo ormai da un decennio. Ridurre la globalizzazione ad un mero fenomeno economico si incorre nello errore nel quale cadono i profeti insegnanti teorie economiche che in questa attualità perdono ogni fondamento. Tante e tali sono le variabili improvvise ed imprevedibili che i programmi costituiscono castelli di carta che crollano al semplice stermir di un'ala. Il mondo brucia con focolai variamente disseminati. L'umanità quella ben pensante, non avverte la puzza di bruciato che balla con le note dell'orchestrina del Titanic. I BRICS acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa sono chi in depressione, chi in rallentamento, chi in crisi politica esistenziale. Il motore si sta fermando e l'auto non arriva a destinazione. Poi guerre terroristiche visibili ed invisibili. Il problema della sicurezza è vitale. Manca la sirena che preavvisa il bombardamento. La lettura dei giornali da un senso di angoscia e confonde le idee per contenuti contradditori. È una orchestra con orchestrali anarchici. Quale futuro ci aspettiamo, se il presente è nello stesso tempo passato ed inizio del futuro? Non mi sento di fare l'Oracolo di Delfo che scriveva sulle foglie al vento. Basta però con il pessimismo piagnesteistico. Occorre l'ottimismo, purché della ragione. Quello che inietta il coraggio di affrontare una nuova era, che, se non è totalmente buia, è sicuramente procellosa.