«Non aboliamo i centesimi, i tedeschi li vogliono»
Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann è contrario all'ipotesi allo studio della Bce. Lo ha affermato in un'intervista al domenicale Bild am Sonntag. «La decisione non spetta alla Bce ma ai ministri delle finanze dell'Eurozona»
Il presidente della Bundesbank (Buba), Jens Weidmann, è contrario all'ipotesi allo studio della Bce sull'abolizione dei centesimi di euro. Lo afferma il manager in un'intervista al domenicale Bild am Sonntag (BamS), in cui dopo aver precisato che la decisione sull'abolizione delle monetine da uno e due centesimi spetta non alla Bce, ma ai ministri delle Finanze dell'Eurozona, sottolinea che «nella popolazione tedesca c'è il desiderio di mantenere queste monetine, personalmente non posso che associarmi». Martedì scorso la Bce aveva comunicato di stare riflettendo sulla possibilità di chiedere l'abolizione di queste monetine, poiché i costi di produzione superano il loro valore effettivo. Da quando l'euro è stato introdotto nel 2002, produrre le monetine da uno e due cent ha fatto perdere alla Bce 1,4 miliardi di euro. In totale i Paesi dell'Eurozona hanno messo in circolazione finora 45,8 miliardi di monetine da uno e due cent. Weidmann si dice anche molto scettico sull'idea di introdurre nuove banconote da uno e due euro, spiegando che «la gente non le vuole», oltre al fatto che un argomento contrario alla loro introduzione è dovuto agli «elevati costi di stampa». Il presidente della Buba riconosce che l'annuncio di Mario Draghi di intervenire in maniera illimitata nell'acquisto di bond dei Paesi in crisi per far fronte alla speculazione, «ha calmato i mercati, ma l'euforia sarebbe stata ancora più grande se i ministri delle Finanze avessero adottato gli Eurobond. È proprio una buona idea garantire tutti insieme per i debiti di Stato?». Weidmann si pone poi retoricamente la domanda «se abbiamo tirato le lezioni giuste dalla crisi finanziaria e se manteniamo l'Unione monetaria come un'unione della stabilità». Secondo il manager, esiste il rischio che la politica dei bassi tassi di interesse «conduca al fatto che la lotta contro le cause della crisi venga condotta con minore fermezza».