Squinzi: «Se chiudono le imprese, muore il Paese»
Il numero uno di Confindustria commenta la situazione politica ed economica italiana. E fa un augurio al Presidente della Repubblica Napolitano: «Straordinario esempio di serietà istituzionale e di vera cura per l'interesse nazionale»
«Straordinario esempio di serietà istituzionale e di vera cura per l'interesse nazionale anche in questi giorni durissimi di fine mandato». Giorgio Squinzi dalla Biennale di Piccola Industria a Torino, esprime questo riconoscimento nei confronti del Capo dello Stato Giorgio Napolitano a pochi giorni dalla scadenza del settennato. «Speravamo oggi - ha continuato - di poter discutere del programma dei primi 100 giorni di un nuovo, stabile governo. Invece siamo a più di 50 giorni di inerzia totale», ha detto il numero uno degli industriali, aggiungendo che lo stallo è «rischioso e costoso. Grosso modo abbiamo contato di avere buttato un punto di Pil». «Chiediamo - ha continuato - e abbiamo diritto di vivere in un Paese che rispetti e premi il lavoro, l'impresa, la capacità di rischio, non li punisca, non li avvilisca, non li impaurisca. Cosa è mai diventato il Paese che tanto amiamo e per cui abbiamo tanto lavorato? - si è chiesto poi il presidente degli industriali - chiudere o indebitarsi? Questa è l'alternativa per chi rischia del suo? Come presidente di Confindustria, come italiano, chiedo di non vivere in un Paese così. Se chiudono le imprese, muore il Paese». E ha sottolineato: «Stiamo giocando con il destino del Paese e il rischio è di giocarci il futuro senza più prove di appello. Abbiamo bisogno di fiducia e affidabilità».