Gli Usa si fermano sul baratro fiscale
LaCasa Bianca e i Repubblicani hanno raggiunto un'intesa dopo undici ore di drammatici negoziati tesi a evitare un aumento delle tasse e a posticipare tagli di spesa automatici. Quello alla Camera dovrebbe essere un passaggio formale e confermerebbe la vittoria del presidente Barack Obama per essere riuscito ad aumentare le tasse agli americani più ricchi, anche se sopra la soglia che lui e i Democratici volevano. Ma la vittoria, dicono gli osservatori, sarà vana se Obama fallirà nel contrastare i profondi tagli alla spesa. Intanto lo speaker repubblicano della Camera Usa, John Boehner, e il vice presidente Joe Biden, democratico, hanno avviato incontri separati con i deputati dei rispettivi partiti alla Camera, per trovare una linea comune sull'intesa approvata al Senato. La parte repubblicana, maggioritaria nell'assise, si è ben guardata dal dare un via libera formale al testo approvato al Senato. Il capo della maggioranza repubblicana, Eric Cantor, ha infatti fatto sapere dopo il passaggio del testo al Senato che non è stata «presa ancora una decisione sul voto, ma che la scelta sarà fatta presto». Il nuovo accordo ha ottenuto al Senato 89 voti a favore e 8 contrari. Il compromesso sulla nuova intesa è stato trovato tassando i redditi alti, ma «risparmiando» solo chi ha un reddito inferiore ai 400 mila dollari e le coppie con meno di 450 mila euro. Sui redditi oltre i 400 mila dollari, l'aliquota passerà invece dal 35 al 39,6%. Un fatto epocale. Per gli Stati Uniti si tratta del primo rialzo delle tasse da due decenni. Per le successioni su beni superiori a 5 milioni di dollari, l'imposta salirà dal 35 al 40%. Viene poi innalzata l'aliquota sulle plusvalenze e sui dividendi dal 15 al 20%. In questo modo, si tenta di raccogliere 600 miliardi di dollari in 10 anni per risanare il debito. Vengono inoltre posticipati di 2 mesi tagli automatici per 109 miliardi a spese militari e spese interne - e su questo punto potrebbero ripetersi i dissapori tra repubblicani e democratici - e vengono estesi gli ammortizzatori sociali per un anno a favore di due milioni di persone che hanno perso il lavoro. In assenza dell'accordo, da ieri sarebbero venuti a mancare negli Stati Uniti una serie di importanti esenzioni fiscali introdotte nel 2001 e 2003 e prorogate dall'allora presidente George W. Bush. Senza un intervento legislativo, tecnicamente, da ieri mattina sarebbero salite tutte le tasse che devono pagare gli americani. Ora resta da attendere il verdetto dei mercati, e se l'accordo non verrà ratificato come legge, gli effetti potrebbero essere molto pesanti. Nell'ultima seduta del 2012, fiutando il possibile accordo tra le parti politiche, la Borsa di Wall Street ha chiuso la seduta in netto rialzo con il Dow Jones a +1,3% e il Nasdaq a +2%. Non sarebbe così invece l'accoglienza degli operatori se il Fiscal Cliff fosse affossato. I tagli automatici alla spesa frenerebbero la ripresa che si sta manifestando nel Paese a stelle e strisce e la recessione tornerebbe a fare capolino. Soddisfatto il presidente Usa Barack Obama: «Né i Democratici né i Repubblicani hanno ottenuto tutto quel che volevano: questo accordo è la cosa giusta per il nostro Paese».