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Altolà delle banche al Fondo Monetario

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Gli ispettori di Washington in missione in Italia a gennaio. L'Abi teme giudizi distorti

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Così l'Abi, l'associazione che le rappresenta, passa al contrattacco verso il Fondo Monetario Internazionale, per bloccare un possibile nuovo giudizio sulla loro situazione patrimoniale che ripeta quanto accaduto con gli stress test dell'Eba (l'Autorità europea di supervisione sulla banche). Allora i titoli di stato italiani, di cui le casse degli istituti del Paese erano e sono ben piene, vennero considerati fonte di possibili perdite in bilancio perché la loro valutazione doveva essere fatta secondo le quotazioni di mercato. In un momento in cui gli spread erano molti alti il loro valore in conto capitale, il prezzo di realizzo in caso di vendita era molto basso. Una scelta che obbligò a costosi aumenti di capitale e a una pressione ancora più forte sugli spread. Oggi l'Abi si cautela temendo che la missione del Fondo a gennaio nel nostro Paese dia un giudizio sul sistema bancario distorto perché basato su dati e parametri non omogenei rispetto alle rivali europee e fornisca nuovo fiato alla speculazione. L'idea dell'Eba di considerare a rischio Btp e Bot nacque infatti da un rapporto del Fmi. Per questo l'Abi farà valere le sue ragioni con i tecnici di Washington anche con l'ausilio di uno studio indipendente. Una mossa che riscuote l'approvazione del responsabile Pmi di Confindustria Vincenzo Boccia ma che viene invece criticata da Adusbef e Federconsumatori che la giudicano «patetica» mentre il Comitas parla di «pianto greco». Per il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, questa e altre azioni (come quella di chiedere il rinvio di Basilea3 o la moratoria sui debiti delle Pmi) sono importanti ma comunque va affrontato dal governo che verrà e dalle parti sociali il tema centrale: il taglio della spesa e il rilancio della crescita del paese e soprattutto la bassa competitività. Nel frattempo però le banche italiane in particolare temono che dietro una questione apparentemente tecnica come quella dei parametri di valutazione dei crediti deteriorati si possa innescare un nuovo attacco speculativo. L'Abi chiede così al Fondo e all'Ue non un livellamento verso il basso delle regole (la Banca d'Italia è infatti molto severa e realizza frequenti ispezioni) ma «che il Fmi, il quale non conosce la situazione italiana, eviti di compiere nuovi errori e di usare parametri non omogenei altrimenti è una truffa e un danno non solo alle banche ma a tutta l'economia del paese» spiega il presidente Mussari. L'Abi ricorda così il recente rapporto del Fmi che attribuiva alle banche spagnole minori crediti deteriorati (8,5 contro 10,8% dell'Italia) e un minor tasso di copertura. Dati completamente ribaltati (in Spagna schizzavano al 26%) nel rapporto del revisore indipendente Oliver Wymann commissionato da Bruxelles per dare il via libera al salvataggio delle banche iberiche. Di certo le banche italiane non nascondono la difficile situazione che ha fatto perdere da maggio nove punti di crescita del credito. Il vice direttore generale di Banca d'Italia Fabio Panetta rileva come il sistema abbia resistito agli shock ma ne abbia fatto le spese la redditività. Un intervento sui costi e sul taglio delle filiali è inevitabile spiega. Mussari riconosce che le banche italiane non si sottrarranno ma che questo non basterà e che bisogna tornare a far crescere i ricavi messi sotto pressione da diversi fattori: le numerosissime norme, il carico fiscale e un differenziale fra tasso su raccolta e impieghi a livelli minimi che si confronta con uno spread elevato. Intanto la Commissione europea è piuttosto cauta sulla richiesta delle banche Ue di posporre l'entrata in vigore delle regole di Basilea 3 al primo gennaio 2014 (un anno dopo quanto stabilito) per evitare lo «spiazzamento competitivo» rispetto alle banche americane dopo la decisione Usa di un rinvio. Le norme sul rafforzamento del capitale «entreranno in vigore gradualmente fino al 2019» per cui «dobbiamo cominciare nel 2013», ha indicato il portavoce del responsabile del mercato interno Michel Barnier. Tuttavia, il commissario Barnier «vuole lavorare per un approccio coordinato con gli Stati Uniti». Il problema del calendario «deve essere esaminato alla fine dei negoziati tra consiglio Ue ed Europarlamento, cosa che accadrà speriamo nelle prossime settimane».

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