Eni presenta il conto per vendere Snam
Dopoil decreto del governo, che ha impegnato il colosso petrolifero a cedere i tubi che trasportano il gas e il petrolio ad altri operatori per aumentare la concorrenza e abbassare i costi, ieri il cda della società ha definito prezzo e modalità della vendita. Così il 30% di Snam meno un'azione sarà ceduto alla Cassa Depositi e Prestiti, il polmone finanziario del ministero dell'Economia e che ha già in pancia importanti quote di altre aziende a controllo pubblico. L'accordo preliminare vincolante prevede un prezzo fisso per azione Snam pari a 3,47 euro. Il corrispettivo totale è pari a circa 3,517 miliardi di euro erogato in 3 tranche. La prima al momento del closing, per un ammontare totale di circa 1,759 miliardi di euro, la seconda entro il 31 dicembre 2012, pari a circa 879 milioni di euro, e la terza entro il 31 maggio 2013, pari a circa 879 milioni di euro. Il closing, e cioè la definizione del contratto, è prevista entro la fine dell'anno. L'Eni in questo modo prende atto delle richieste del governo che chiedevano nel Dpcm l'individuazione della Cdp come il soggetto idoneo a garantire la formazione di un nucleo stabile nell'azionariato della società attraverso l'acquisto di una quota non inferiore al 25,1% del capitale. Previsione rispettata. L'Eni ottiene importanti risorse da destinare alla propria crescita organica nel core business dell'esplorazione. Anche per questo l'ad del gruppo energetico Paolo Scaroni ha detto che «dopo la cessione la nuova Eni sarà più forte di oggi». In merito alla quota residua di Eni in Snam, il Cda ha preso atto delle disposizioni contenute nel decreto che prevedono la cessione delle azioni, successivamente alla cessione a Cdp, mediante procedure di vendita trasparenti e non discriminatorie rivolte al pubblico dei risparmiatori e degli investitori istituzionali.In ogni caso l'ad ha ribadito che per cedere la quota residua non ci sono limiti di tempo (oggi complessivamente è del 52%) anche se alla fine l'uscita dal capitale sarà totale. Scaroni ha escluso «il riacquisto di azioni in futuro». La vendita imposta del 30% non toccherà la politica dei dividendi di Eni che, secondo Scaroni, «resterà invariata nel 2012». Buona parte dei flussi di cassa necessari al pagamento delle cedole arriva, infatti, dalle tariffe regolamentate sui tubi che dopo la vendita delle quote si ridurranno automaticamente. Intanto sempre ieri il cda ha deciso l'annullamento delle azioni proprie e riavviato il programma di buy-back legato proprio all'operazione di cessione. L'assemblea chiamata a dare l'ok definitivo è convocata per il 16 luglio. Scaroni infine ha spiegato che non si attende ostacoli dall'Antitrust per l'operazione così come decisa dal cda. Quanto all'investimento della Cassa Depositi e Prestiti considerato che non potrà essere finanziato con soldi pubblici sarà coperto per circa 2 miliardi di euro dal corrispettivo della cessione sul mercato di circa il 3% di azioni Eni, eccedenti la soglia del 30% più 1 azione detenuta da Cdp congiuntamente al Mef. Il resto verrà coperto dai flussi di cassa derivanti dalla cessione di altri asset legati all'operazione e da dividendi. L'operazione, ha spiegato una nota della Cdp «è compatibile con la struttura patrimoniale, reddituale e finanziaria di Cdp e non sottrarrà risorse all'attività ordinaria, confermando i propri target di piano industriale triennale».