La lucidità di analisi del Governatore di Bankitalia
Nella sua prima uscita pubblica il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dimostrato per intero la qualità della formazione culturale ed economica della nostra banca centrale. Visco, con il tradizionale tono felpato della Banca, non ha nascosto nulla delle difficoltà del momento sia a livello nazionale che in quello europeo. Una diagnosi impietosa che ha registrato l’aumento di due punti del tasso di disoccupazione figlio di una forte recessione economica cifrata, per carità di patria e se tutto dovesse andare per il meglio, a meno 1,5% del Pil (in realtà a fine d’anno saremo poco al di sotto del 3%) e con un pareggio di bilancio che non sarà raggiunto nel 2013, anno nel quale l’Italia riprenderà a crescere, forse, con tassi da prefissi telefonici. Netta e dura è stata la condanna sullo sconsiderato aumento della pressione fiscale. In parole povere Visco ha confermato con grande chiarezza che senza crescita i conti pubblici non si risanano e, viceversa, un pareggio di bilancio perseguito solo con più tasse deprimono l’economia e non fanno bene alla finanza pubblica. Ma Visco ha mandato, su questo terreno, anche qualche messaggio operativo. Riduzione della spesa, significa, ad esempio, anche mantenere gli stessi saldi di bilancio spostando risorse da settori improduttivi a quelli dell’istruzione, della ricerca e innovazione. Un criterio, cioè, più economico che contabile capace di recuperare nel medio periodo una diversa produttività e competitività del sistema paese condizione necessaria per una crescita virtuosa che verrebbe agevolata anche da minori oneri amministrativi per le imprese ancora alti nonostante le riforme della pubblica amministrazione che in questi 15 anni si sono susseguite (Bassanini, Nicolais, Brunetta). Insomma una politica economica che punti ancora più nettamente alla crescita utilizzando, secondo le migliori" best practices", dismissioni di quote di patrimonio a cominciare, aggiungiamo noi, da quelle immobiliari. Naturalmente un compito fondamentale per la crescita ed il risanamento spetta all’Europa la cui "governance", bloccata dal metodo intergovernativo e dal voto alla unanimità, si è dimostrata inadeguata a fronteggiare crisi come quelle scoppiate nel 2007-2008 ma incapace anche a superare gli squilibri interni all’area dell’euro. Il governatore Visco spezza una lancia sia in direzione degli Stati uniti d’Europa, un assetto federale cioè capace di legittimare anche quel fondo comune europeo cui conferire le quote dei debiti nazionali eccedenti il 60% in cambio di regole e controlli più ingenti. È, a nostro giudizio, una delle ipotesi da perseguire visto che l’Europa dei governi è, infatti, fallita alla prova del nove. L’altra ipotesi è un governo espressione diretta del parlamento di Strasburgo con ambiti di decisione esclusiva e con altri di codecisione con i governi nazionali. Non ci è sfuggito, peraltro, l’altra osservazione nella parte finale delle sue considerazioni quando il governatore ha chiesto con chiarezza di accelerare "il passaggio verso un sistema uniforme di regole e di sorveglianza sul settore finanziario". Come sanno i nostri lettori noi riteniamo da tempo che una diversa e più severa disciplina dei mercati finanziari può far voltare pagina all’economia mondiale riducendo la sua finanziarizzazione e battendo quel capitalismo finanziario selvaggio che è la causa di fondo delle gravi turbolenze sui mercati di tutto il mondo. La finanziarizzazione dell’economia sta creando grandi ricchezze per una ristretta elite che pensa, così, di governare il mondo impoverendolo senza tener conto della forza dei popoli quando ad essi si toglie non solo il necessario ma finanche la speranza. Ed è per questi motivi che il governatore ha invitato le banche ad evitare il ricorso a prodotti di finanza strutturata alla base di titoli tossici e a recuperare il sano spirito dell’intermediazione tra raccolta e impieghi. Un invito finale anche agli imprenditori perché ricapitalizzino in maniera più incisiva le proprie aziende per renderle più solide e meno soggette ai cicli economici. Nel complesso una buona relazione che richiama anche in maniera forte la politica nazionale ed europea alle proprie responsabilità senza scaricarle sulle istituzioni monetarie, a cominciare dalla BCE il cui intervento non può che essere transitorio ed emergenziale. Se questo è il mattino della stagione di Ignazio Visco avremo, grazie a Dio, un buon giorno, fecondo ed operoso, nell'interesse dell'Italia.