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Battere la recessione? dipende deall'Europa

Angela Merkel e Mario Monti al Consiglio europeo di Bruxelles

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«L'uscita dal tunnel per vedere la luce della crescita dipenderà da noi ma anche moltissimo dal fatto che il resto d'Europa sia in crescita oppure in recessione. C'è stata una svolta, non siamo finiti nel precipizio ma c'è ancora un tunnel fuori dal quale la prospettiva di crescita sarà maggiore». Il presidente del Consiglio sceglie il Tg1 per delineare uno scenario che ancora ha molte ombre. Il messaggio è chiaro: il futuro dell'Italia è legato a filo doppio a quello dell'Europa e in particolare alla capacità di risolvere la crisi greca. Ma il nostro Paese deve fare la sua parte. Il che significa aprire «il cantiere delle riforme, legge elettorale, finanziamento dei partiti e riforme costituzionali» in modo da proiettare a livello internazionale l'immagine di un'Italia affidabile. «Prima il mondo politico riuscirà in questo travaglio e più tranquilli saranno gli investitori e più attiva sarà l'economia italiana». Monti ha ribadito anche l'importanza del rigore «senza il quale la crescita poggerebbe sulle sabbie mobili». Poi respinge il concetto di un asse con il presidente francese Hollande sul tema della crescita. «Credo che l'Italia possa facilitare una sintesi tra le posizioni francesi e tedesche». Quanto agli Eurobond, anche se molti Paesi sono favorevoli «restano grosse resistenze tedesche e noi non vogliomo mettere un pugno nell'occhio a nessuno ma cerchiamo la coesione». E ieri il presidente della Bundesbank James Weidmann ha ribadito il No agli Eurobond. «È un'illusione pensare che possano risolvere l'attuale crisi». E frena anche sui prestiti della Bce alle banche. «Sono come la morfina, addolciscono la pena ma non curano la malattia». Ma mentre l'Eurogruppo è spaccato sugli interventi per far fronte alla crisi, si aggrava la situazione della Spagna. Ai costi del salvataggio bancario - con altri 19 miliardi di euro necessari per la sola Bankia - si aggiunge il potenziale crac delle amministrazioni regionali, con l'allarme lanciato dalla Catalogna. Bankia, la quarta maggiore banca spagnola, già nazionalizzata, dopo una riunione del cda ieri pomeriggio ha deciso di chiedere al governo un nuovo salvataggio con 19 miliardi di soldi pubblici, che porterebbe lo Stato al 90% del capitale e il totale dei soldi pubblici versati per salvarla a 23,5 miliardi. La crisi del settore immobiliare, di fatto, sta massacrando il valore degli attivi bancari e, fra i timori di una fuga dei depositi, arriva un nuovo schiaffo di Standard & Poor's proprio a Madrid. Dopo il downgrade del debito sovrano, l'agenzia di rating ha peggiorato il suo giudizio per cinque banche spagnole portando Bankia, Banco Popular e Bankinter al livello «junk» (spazzatura), facendone un investimento altamente speculativo. Confermata la valutazione sui due maggiori istituti iberici, Santander e Bbva, mentre sono bocciate le più piccole Banca Civica e Banco Financiero de Ahorros. Ma sono soprattutto le prospettive evocate da S&P a preoccupare: la Spagna, secondo gli analisti dell'agenzia, sta entrando in doppia recessione e i crediti bancari sono destinati a peggiorare sia quest'anno che il prossimo. Tant'è che lo spread spagnolo decennale è volato a un soffio da quota 500. Ma ieri è salito anche lo spread dei Btp a quota 430 proprio sull'onda del peggioramento del quadro europeo. A fare le spese dell'incertezza è pure l'Euro che scivola anche sotto quota 1,25 dollari, ai minimi dal luglio 2010. Risparmiati invece i listini con Piazza Affari che dopo un'altalena è terminata in leggero rialzo (+0,4%). Di nuovo in pesante ribasso la Borsa di Atene (-3,45%) per il clima di nervoso allarmismo sulle prospettive politiche in vista delle nuove elezioni del 17 giugno. «Mi aspetto che i greci rispettino i loro impegni. In caso contrario gli aiuti vanno arrestati» ha ribadito il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann. E dopo il 17 giugno, proprio per fare il punto alla luce dell'esito elettorale greco, ci sarà un vertice a quattro a Roma tra Monti, Hollande, Merkel e il premier spagnolo Rajoy. La paura ha investito anche gli Stati Uniti. Il Dipartimento del Tesoro ha ribadito che la crisi dell'Euro rischia di compromettere la crescita Usa.

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