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Per il Fmi l'euro non c'è più

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Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde

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Alla fine la possibile e forse prbabile soluzione per mettere ordine nella crisi dei debiti sovrani d'Europa è uscita.L'ha data ieri il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, che non ha certo nascosto quello che i suoi tecnici a Washington hanno sicuramente già messo nero su bianco. L'ex ministro del Tesoro francese ha infatti aperto alla possibilità di un'uscita della Grecia dall'euro in una maniera «ordinata». «Se gli impegni di bilancio del paese non fossero onorati - ha detto in un'intervista a France 24 - ci sarebbero delle valutazioni adeguate da fare, il che significa o un finanziamento supplementare o un meccanismo di uscita, che in questo caso dovrebbe essere un'uscita ordinata». «Si tratta di una cosa che sarebbe straordinariamente costosa - ha aggiunto la Lagarde - e che presenterebbe dei grandi rischi ma fa parte di quelle opzioni che siano obbligati a considerare da un punto di vista tecnico». I greci, ha spiegato il direttore del Fondo, «si sono impegnati a varare delle riforme importanti, e hanno già fatto un certo numero di sacrifici. Oggi mandare tutto all'aria per un profondo disaccordo politico è veramente un grande peccato per il popolo greco». «Spero che si possa trovare - ha aggiunto - una soluzione di compromesso che permetta di progredire nel rispetto di un programma che certamente noi saremo ben disposti a esaminare nei dettagli ma non nei fondamentali». «Si tratta di una cosa - ha concluso - che appartiene ai Greci da un parte e ai partner europei dall'altra da decidere insieme». Una dichiarazione che sentenzia in pratica la possibile eutanasia della moneta unica. Che non ha mancato di accusare il colpo. Per la divisa è stata una giornata difficile: è scivolato a un nuovo minimo da 4 mesi (18 gennaio 2012, dopo un minimo dell'anno il 13 gennaio a 1,2624 dollari), sotto quota 1,28 dollari, a 1,2784 dollari. Ma è stata tutta la giornata che non ha portato bene ai risparmi e ai valori in Europa. Il ritorno alle urne dei greci ha azzoppatto la Borsa di Milano che, di gran lunga la peggiore tra le grandi d'Europa, ha ceduto oltre due punti e mezzo. Ma il rischio che la crisi dell'area euro non trovi soluzione ha messo in fibrillazione anche i titoli di Stato, con lo spread Btp-Bund che ha chiuso a 440 punti. Poche sono state invece le ripercussioni sulle borse più importanti: Francoforte ha ceduto lo 0,7%, Parigi e l'indice Stoxx 600 dei principali titoli quotati sui listini europei lo 0,6%, Londra solo mezzo punto. A pesare sulla piazza finanziaria di Milano sono state ancora le banche, indebolite dal contestato declassamento a tutto il settore «made in Italy» deciso da Moody's. Ma la spiegazione non basta: sono andati male anche i titoli di Stato, con il rendimento sui decennali italiani salito di 16 punti base, contro la crescita di 12 punti accusata dagli spagnoli, di 7 punti dai titoli francesi e la stabilità dei Bund tedeschi. Poco importa ovviamente che i titoli greci (con la Borsa di Atene in calo di oltre il 3%) siano cresciuti di 155 «basis point», più preoccupante per la tenuta dell'area euro il fatto che la speculazione sembra individuare le prossime possibili vittime: i tassi dei bond decennali irlandesi sono saliti di 36 punti base, quelli portoghesi di 31. «Il prossimo punto di riferimento è rappresentato dalle emissioni spagnole di giovedì, quando saranno emessi titoli fino a un massimo di 2,6 miliardi di euro, mentre alla prossima asta di titoli a medio-lungo termine francesi non sono attese sorprese», commentano gli analisti di IG Markets. In questo quadro accelera il ribasso dell'euro contro il dollaro: rotto il rapporto di 1,28 è stato trovato un supporto temporaneo a 1,275, con gli osservatori del mercato valutario che vedono una possibile prossima oscillazione fino ai minimi 2012 a quota 1,26. Un quadro di incertezza e soprattutto di difficile ripresa mondiale che ha portato il petrolio a invertire la rotta a New York, dove le quotazioni, dopo un avvio in lieve rialzo, si sono portate poco sopra i 94 dollari al barile. Gli investitori sono in balìa dell'incertezza e anche l'oro che rappresent il bene rifugio per eccellena è in calo appena sopra i 1.500 dollari l'oncia, il livello più basso dalla fine dell'anno scorso.

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