Paura sui mercati, Grecia non più sicura. Il prestito Ue a rischio

La paura parte sempre dallo stesso punto dell'Europa. E cioè dalla Grecia dove le elezioni di domenica scorsa hanno portato un quadro politico troppo frammentato per assicurare una coalizione in grado di rispettare gli impegni per il programma di austerity concordati con Bruxelles e gli istituti internazionali. Così anche i termini del salvataggio vengono rimessi in discussione e il resto d'Europa si interroga sulla permanenza della Grecia nell'euro. Il fondo di salvataggio europeo Efsf oggi sborserà gran parte della tranche del prestito accordato ad Atene: arriveranno 4,2 miliardi, mentre il restante miliardo (dovevano essere infatti 5,2) sarà versato successivamente, entro giugno, in funzione delle necessità della Grecia. Una frenata che secondo il Wall Street Journal di diversi governi europei, a partire da Germania e Finlandia, che di fronte al caos politico ad Atene e alla proposta di rinegoziare i termini del salvataggio da parte di alcuni partiti, avrebbero sollevato dubbi sull'opportunità di sborsare la tranche. E la decisione europea di versare la somma necessaria a far fronte agli impegni finanziari di Atene imminenti (3,3 miliardi di bond da rifinanziare il 18 maggio) ma non le spese correnti del mese prossimo (a rischio gli stipendi pubblici di giugno), sembra riflettere i timori dell'Europa che l'accordo raggiunto con la Grecia sia a rischio. Lo stallo politico creatosi dopo le elezioni, con le forze pro-euro finora incapaci di formare un governo e l'incarico passato alla Sinistra radicale che propone di rinegoziare il salvataggio, ha portato nel dibattito pubblico europeo quello che finora era un tabù: l'uscita dalla moneta unica. «Se la Grecia decide di non restare nell'Eurozona, non possiamo costringerla», ha detto ieri il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. «Saranno loro a decidere se restare o no». Più diplomatica la cancelliera Angela Merkel, che vuole risolvere la crisi «in modo che la Grecia resti», ma tenendo a mente che «gli accordi con la troika e gli obiettivi prefissati devono essere rispettati». Dietro le quinte, i leader stanno già pensando al dopo. Mentre i mercati ormai ragionano sui vari scenari che si apriranno se l'Eurozona perderà davvero la Grecia, alcuni governi avrebbero chiesto una sospensione degli aiuti, poi confermati, ma solo parzialmente, dal fondo Efsf. Alcuni leader, secondo il Wsj, sarebbero «preoccupati per le dichiarazioni, da parte di alcuni partiti greci, a favore di una rinegoziazione del prestito». Probabilmente è in atto una manovra concentrica per mettere i partiti greci all'angolo. Sta di fatto che l'uscita dall'euro è diventato un all'ordine del giorno, e i mercati non ne sono stati scossi più di tanto. Data la piccola Grecia ormai in bilico, li preoccupa molto più il contagio a un peso medio europeo come la Spagna. Secondo Royal Bank of Scotland le banche spagnole avrebbero bisogno di 68 miliardi di capitale fresco, esposte come sono per 323 miliardi a un settore immobiliare in piena crisi. Il piano del governo anticipato dal Financial Times, che dovrebbe essere annunciato oggi, di miliardi ne stanzierebbe 30. Ma ci sarebbe un'accelerazione rivelata da un giornale vicino all'esecutivo, Abc, secondo cui ad ore potrebbe essere rivelata la conversione in capitale dei 4,465 miliardi prestati a sette casse di risparmio del gruppo Bfa, che porterebbe alla parziale nazionalizzazione di Bankia. Cifre inferiori alle necessità stimate dai mercati che ieri hanno punito pesantemente il settore facendo intravedere nuovi, pesanti interventi pubblici che mettono a rischi gli impegni di risanamento presi con l'Europa: l'indice delle banche europee perde il 5% e precipita ai minimi dal maggio 1988 trascinato proprio dagli istituti spagnoli (Bankia -5,84%) ma anche dalle italiane (Montepaschi -6,9%). Nella tarda serata di ieri poi è arrivata la conferma ufficiale che la Spagna nazionalizzerà parzialmente Bankia, 4/a banca iberica, che ha chiesto la conversione in azioni ordinarie dei titoli privilegiati in suo possesso. Richiesta appoggiata dal governo che dopo la conversione, avrà il 45%. La Spagna - per Bloomberg - ha assicurato il capitale «strettamente necessario» per il risanamento. Una situazione di tensione che non ha potuto fare a meno di riflettersi anche sugli spread di Italia e Spagna. Il differenziale tra il Btp decennale e l'analogo bund tedesco ha archivia la seduta in forte rialzo sulle piattaforme internazionali. Su quella Reuters lo spread è volato a 428 punti base mentre su quella Bloomberg si è portato a 408 punti. La forbice tra i titoli iberici e quelli tedeschi si è allargata a 456 punti, ai massimi da novembre, col tasso sui bonos in crescita al 6,08%. E anche il rischio bancarotta del Paese iberico ha toccato ieri un nuovo record, con i credit default swaps in volata a 512 punti. Ai minimi storici i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi. Il bund a dieci anni non paga nemmeno l'1,5%.