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Draghi insiste: basta tasse e più protezioni ai giovani

Il presidente della Bce Mario Draghi

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Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, tiene il board di Eurotower a Barcellona, in Spagna, paese nel mirino della speculazione e con tassi elevatissimi di disoccupazione, e da uno dei paesi considerati in questo momento più a rischio lancia una ciambella di salvataggio al governo di Mario Monti. Non senza però criticare velatamente alcune scelte che l'esecutivo dei tecnici ha preso. L'Italia «ha fatto progressi notevoli» ed è «davvero sulla buona strada» afferma Draghi che aggiunge «il governo Monti ha bisogno di essere incoraggiato e ha ottenuto dei risultati notevoli in campo di consolidamento fiscale». Insomma un riconoscimento molto preciso e un sostegno netto alle iniziative del premier italiano. Ma dopo la carota arriva anche il bastone. E così un Draghi che rasenta l'ovvietà spiega, nella canonica conferenza stampa per commentare la decisione di aver lasciato i tassi di interesse all'1%, che «per risanare i conti pubblici è meglio tagliare la spesa che aumentare le tasse». Una ripetizione di quanto affermato solo qualche settimana fa e che conferma come anche le istituzioni comunitarie abbiano capitolato all'idea che con il rigore soltanto non si va da nessuna parte. E che segnala anche come l'atteggiamento della Merkel continua a perdere supporti e sponsor per strada. La seconda indicazione rivolta a tutti i governi è quella per assicurare riforme del lavoro che tutelino i giovani. Draghi chiede di riformare il mercato dell'occupazione con «flessibilità, mobilità, equità» perché oggi è un mercato «sbilanciato contro i giovani», e con un'assicurazione per chi resta senza occupazione. I paesi nei quali il mercato del lavoro scarica tutta la flessibilità sui giovani devono correggere tali distorsioni per evitare «conseguenze sociali molto serie» nel lungo periodo. L'avviso è serio. Molto serio alla luce delle conseguenze sociali che la crisi sta portando nei sistemi dei paesi europei. Urgono dunque riforme strutturali che «sono compito dei governi nazionali», avverte l'ex governatore di Bankitalia allontanando dalla Bce l'onere di nuovi interventi. Ma a differenza di 10 anni fa - insiste Draghi - «oggi per fare queste riforme serve una disciplina comune europea, non dissimile da quella fatta per il monitoraggio dei bilanci a livello europeo». Draghi, poi, si sofferma su «quello che possiamo fare nell'area euro per creare occupazione aumentando gli investimenti in infrastrutture: vi sono molte proposte, fra cui un rilancio dell'azione della Banca europea degli investimenti», e «ridirigere i fondi Ue verso aree a basso reddito». Proprio in funzione degli investimenti, Draghi ribadisce che «è certo molto meglio risanare i bilanci pubblici attraverso tagli di spesa che aumenti di tasse», e soprattutto «occorre ridurre la spesa corrente, non quella in investimenti». Draghi poi torna sul «patto per la crescita» in Europa, auspicato la scorsa settimana: «Dobbiamo rimettere la crescita al centro dell'agenda politica» - spiega - ma «senza alcuna contraddizione fra un patto per la crescita e un patto di bilancio». Insomma rigore sì ma accompagnato da politiche per creare ricchezza. Altrimenti lo sforzo per risanare resta vano.

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