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Il "tecnico gratis" è un errore

Palazzo Chigi

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Lavorare gratis per il Governo, gesto intrepido dei Tecnici, rischia di mandare al Paese un messaggio profondamente sbagliato. Per tre gravi motivi. Primo: promuove la cultura distorta del sacrificio, e non quella trasparente del servizio; celebra l'etica perfetta dell'eroismo istituzionale e non il principio civile e laico del lavoro regolarmente retribuito. È forse in linea con la visione salvifica impersonata dal Governo e dai suoi Decreti Provvidenziali. Ma non è un bel messaggio per una Repubblica fondata sul lavoro. Il lavoro si paga. Altrimenti è volontariato: che è cosa lodevole, ma incongrua con le responsabilità nell'esecutivo di un grande Paese industriale. Invece di remunerare bene pochi public servant, scegliendoli dal mercato, si richiamano in servizio grand commis con fonti di reddito pubbliche garantite. Magari si arruolano persone eccellenti, ma con un metodo discutibile. Secondo: crea un contesto nel quale solo i redditieri o i garantiti possono essere chiamati oggi a dare un contributo alla Cosa Pubblica. Chi vive solo del proprio lavoro, chi non ha rendite o prebende, sarebbe invece costretto a chiedere un disdicevole compenso a condizioni di mercato. In effetti, il costo-opportunità di chi lavora per vivere non gli consentirebbe, in questo clima, di contribuire in condizioni paritetiche all'opera del Governo. Quindi, o il tempo di un Tecnico non vale nulla, oppure è sussidiato da rendite che vanno rese trasparenti. Ma così ci si allontana inevitabilmente dal principio di rappresentanza democratica basata sulla partecipazione universale. Terzo. È evidente a tutti perché va di moda il Tecnico Gratis, e per di più sottilmente ostentato. Per esorcizzare i fantasmi dell'antipolitica e scacciare gli incubi del populismo forcaiolo, che ormai demonizza tutti i costi della politica, anche quelli legittimi. La gramigna della demagogia non si estirpa con l'eroismo ostentato della gratuità, ma con il coraggio delle scelte discriminanti tra chi merita soldi pubblici e chi no. L'Italia può ancora permettersi di retribuire il proprio esecutivo a condizioni di mercato. Presidente Monti, se il suo Governo vuol dare un messaggio forte e chiaro al Paese, paghi chi si merita quanto si merita. E cacci via gli altri.

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