E intanto la Germania cresce speculando sui partner Ue
Dice una vecchia massima del capitalismo: «L'economia si è mangiata la politica». Dopo la Lehman Brothers, così aggiornata: «L'economia si è mangiata la politica, la finanza l'economia e le agenzie di rating la finanza». Adesso possiamo aggiungere: «E tutto si sta mangiando il lavoro». I dati diffusi dall'Istat segnalano non più una crisi, ma un'emergenza: a marzo siamo al 9,8 per cento di disoccupati, l'1,7 in più rispetto a un anno fa. Tra i giovani, il 35,9 per cento. Dietro alle percentuali ci sono le persone in carne e ossa: e si tratta di oltre due milioni e mezzo. Mai così male da quando, nel 2004, si effettuano queste rilevazioni. Quanto ai giovani, bisogna risalire indietro di vent'anni, al '92-'93, quando la new economy esisteva solo nei laboratori di Seattle e Mountain View, e di contratti flessibili si discuteva soltanto nei convegni. In altri termini, abbiamo dilapidato due decenni di progresso scientifico e innovazioni sociali. La generazione perduta dei nostri ragazzi è una realtà che avvicina sempre più pericolosamente l'Italia alla Grecia e alla Spagna, dove un giovane su due è senza lavoro. A modesta consolazione, la disoccupazione totale è lievemente inferiore alla media europea (il 10,2 per cento), ma questo grazie alla cassa integrazione. Il problema del lavoro ha già fatto saltare molti governi ed è il protagonista assoluto delle presidenziali francesi: se domenica prossima vincerà Francois Hollande sconvolgerà anche gli assetti europei, a cominciare dal famigerato asse Berlino-Parigi. Anche il governo Monti aveva inserito il problema-lavoro tra le priorità: per ora nebbia fitta, ed un sondaggio lanciato da Sky segnala che il 78 per cento ritiene i tecnici incapaci di risolverlo. Come sempre per capire le cause della malattia bisogna guardare all'Europa. Tra i grandi paesi la Germania è l'unico nel quale la disoccupazione è stabile al 6,8 per cento. Due anni fa i tedeschi erano nella stessa situazione dell'Italia, oggi hanno il 30 per cento di occupati in più. Al tempo stesso la produzione industriale della Germania cresce rispetto a dieci anni fa; quella di tutti gli altri paesi declina. Mai come adesso le fortune tedesche coincidono con la crisi dei suoi cosiddetti partner. Lo ha documentato molto bene il dipartimento di Ricerca economica dell'Università di Colonia. Secondo il report la Germania non va più considerato un paese economicamente e socialmente integrato nell'Europa. «È ormai il sesto Brics del mondo al pari delle nuove potenze planetarie, Cina, Russia, Brasile, India, Sud Africa. Questi sono i suoi obiettivi commerciali e le sue aree di interesse strategico». Nel 2010-2011 la Germania ha aumentato il proprio export del 21 per cento, ma quello verso Cina, Brasile, Russia e India è cresciuto del 107. I tedeschi esportano macchinari, automobili, elettronica, prodotti chimici, armi. Ed importano energia dalla Russia e capitali freschi dalla Cina, un colosso che si avvia a diventare il primo del mondo e perciò ha bisogno di un partner ed una valuta più stabili degli Usa e del dollaro: la Germania li ha entrambi. Il 23 aprile, mentre tutti discutevano di elezioni francesi, la Merkel si portava avanti dedicando la giornata al premier cinese Wen Jiabao, ospite della Fiera di Hannover. Sul tavolo, un'intesa che prevede che i rapporti commerciali tra Berlino e Pechino passino da qui al 2015 da 144 a 280 miliardi di euro: un raddoppio pari a un quinto del nostro Pil. Certo, l'economia tedesca non cresce a ritmi cinesi o indiani. Ma i suoi stipendi, il suo benessere, le sue tutele sono quelle dell'Europa pre-crisi. Per questo la Germania corre da sola in testa, e tutti gli altri arrancano. Per questo, mentre noi e il nostro governo dipendiamo dal suo verbo, la Merkel ha la testa a ben altro. Il problema-lavoro non riguarda solo l'Europa. Negli Usa i nuovi occupati ad aprile sono 119 mila, la metà di quelli attesi, 80 mila meno che a marzo. La questione sarà al centro delle presidenziali di novembre: dopo il flop del ripescaggio dell'uccisione di Bin Laden, Barack Obama ha lanciato una nuova parola d'ordine, «Forward», avanti, ben diversa dal «Change», tema portante del 2008. Il segnale è evidente: gli americani hanno bisogno di futuro e sicurezza, più che di nuove sfide. E stiamo parlando di un Paese dove se c'è bisogno si stampano dollari e si inonda l'industria ed i consumi. La vecchia Europa non ha questa possibilità, neppure per dare ai cittadini quel diritto che la nostra Costituzione mette al primo punto: il lavoro. E, come ha detto il lussemburghese Jean-Claude Juncker dimettendosi da presidente dell'Eurogruppo, non ce l'ha per gli interessi egoistici dell'asse franco-tedesco. Ieri Juncker ha definito gli attuali leader europei «una generazione di persone senza ingegno». Ricorda qualcuno? La profezia si avvera: l'economia ha mangiato la politica. Adesso si sta divorando il lavoro. La Merkel potrà piantare la sua bandiera sulle macerie politiche, economiche e sociali di questo stanco continente.