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Il declino di Merkozy fa paura ai mercati Ue

Da sinistra il presidente francese Sarkozy e il cancelliere tedesco Merkel

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Non c'è niente di più deleterio per i mercati finanziari che l'incertezza. E ieri è stato uno di quei giorni nei quali i dubbi sono stati l'unica nota dominante nelle sale di trading. Nessun cenno da Francoforte su un'eventuale nuova immissione di liquidità nel sistema bancario. Nessun cenno dall'Eba, l'autorità di controllo sulle banche europee sui requisiti patrimoniali richiesti da Basilea 3. E in mezzo la tornata elettorale francese, i cui risultati, sono stati interpretati come l'inizio del declino dell'asse rigorista tra Merkel e Sarkozy in tema di disciplina dei bilanci pubblici degli stati del'Unione Europea. E del pericolo che la crisi dei debiti possa portare l'euro fuori controllo fino alla sua completa deflagrazione. Un mix di fattori ai quali si è aggiunto l'affermazione della linea antieuropeista di Marine Le Pen, arrivata a un passo dal 20% dei voti, e la resa del governo olandese. Fatti che non potevano certo motivare gli investimenti in attività finanziarie denominate in euro. Ma al contrario legittimare vendite e smobilizzi. Così è stato. Alla fine della giornata borsistica chi è rimasto tra le macerie delle piazze finanziarie europee ha contabilizzato perdite da brivido. A Milano il Ftse-Mib, l'indice dei titoli con maggiore capitalizzazione ha chiuso gli scambi lasciando sul terreno un 3,83 per cento, dopo aver subìto flessioni che hanno sfiorato il 4 per cento. Lo stesso paniere si è portato sotto la soglia psicologica dei 14 mila punti aprendo così la strada, secondo alcuni analisti, a una discesa fino a 13.600 punti. Il movimento al ribasso ha colpito tutta l'Europa. Le continentali seduta hanno bruciato quasi 160 miliardi di euro. L'indice paneuropeo Stoxx 600 ha perso il 2,34 per cento corrispondente a 159,5 miliardi di euro di capitalizzazione. Fin qui il mercato azionario. Ma il clima di tensione è tornato anche sulle piattaforme dove si scambiano i titoli di Stato. L'allarmismo è tornato subito a bersagliare quelli dei paesi più deboli dal punto di vista della finanza pubblica nell0area euro. I rendimenti sui Btp a 10 anni dell'Italia sono risaliti fino al 5,75 per cento e il loro differenziale, il famigerato spread rispetto ai Bund ha toccato un picco a 4,13 punti percentuali, o 413 punti base, sui massimi da fine gennaio. Alla fine una leggera flessione con una chiusura a 408,69 punti base, mantenendosi sugli stessi livelli dell'apertura. A pagare dazio alle elezioni francesi anche, ovviamente la Borsa di Parigi, che ha chiuso a meno 2,83 per cento, mentre i titoli di Stato emessi dal Tesoro transalpino hanno continuato a subìre le pressioni che già si erano viste venerdì scorso. I rendimenti degli Oat decennali sono saliti fino al 3,15 per cento e il loro spread sui Bund ha toccato 147 punti base secondo Bloomberg. Mercati in fibrillazione anche in Olanda dove si profilano elezioni anticipate, dopo che il premier Mark Rutte ha rassegnato le dimissioni a seguito di una rottura della coalizione di governo, anche in questo caso su impulso di un partito di destra nazionalista. La Borsa di Amsterdam ha chiuso al meno 2,57 per cento. Non è andata meglio sugli altri mercati dell'area euro, dopo che l'indice Pmi di aprile ha segnalato un inatteso crollo dell'attività delle imprese, che ha spinto il centro studi Markit Economics a rievocare lo spettro di una «recessione a W». Ossia che si sia reinnescata una fase di marcata contrazione dopo quella di recupero seguita alla recessione del 2009. Pesante anche Francoforte con meno 3,36 per cento, Londra meno 2,11 per cento, Mardid ha segnato un meno 2,76 per cento mentre i tassi dei Bonos a 10 anni sono risaliti sopra il 6 per cento e lo spread sui Bund a 439 punti base. Anche l'euro si è indebolito a 1,3122 dollari. Ma di svalutazione della moneta unica, unica strada ormai percorribile per ridare fiato alla macchina produttiva europea che vive di export nessuno ne vuol sentire parlare. La Bce intanto continua a rimanere ferma e, quasi incurante delle nuove tensioni sul mercato del debito, congelando gli acquisti di bond europei per la sesta settimana di fila. È indubbio che dietro le quinte si stia giocando una lotta di potere spietata tra i paesi più inclini all'allentamento del rigore, per non uccidere l'economia, e la determinazione tedesca a non concedere nulla. A pesare sul clima di sfiducia, infine, potrebbero essere anche la reazione non entusiastica agli esiti del G20 delle Finanze del fine settimana scorsa, in cui i responsabili economici delle maggiori economie mondiali si sono accordati su un compromesso al ribasso del rafforzamento delle risorse anti crisi del Fondo monetario internazionale.

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