Tassano e piangono
Risanare solo con le tasse è recessivo. Lo dice il governatore della Bce Mario Draghi e molti pensano che sia un cambio di rotta. No, è la traduzione di quel che accade. Non c’è niente di nuovo. Inedito è invece il fatto che tutti stanno arrivando a conclusioni che prima erano di una minoranza: la cura Monti è incompleta. Che fare? Alleggerire il peso dello Stato, diminuire le tasse e dare gas alle imprese. Quando si cita lo «Stato» si pensa ai ministeri, ma i dipendenti qui sono solo il 5% del totale, altri settori non vengono mai presi in esame. La spesa scolastica (più di un milione di occupati) va bene così? I conti della Sanità (stipendi per 720 mila persone) sono a posto? Province, Comuni e Regioni (500 mila addetti) sono virtuosi? Gli interessi corporativi in Italia sono più forti di qualunque governo. Così ora Monti palleggia a metà campo e sembra la Roma di Luis Enrique: inconcludente. I ministri pronunciano la parola «recessione», ma non dicono che lo scenario non è uguale per tutti. Ieri la Federal Reserve ha rialzato le stime del Pil americano per il 2012 (2,9%) e abbassato quelle della disoccupazione (7,8%). Se volete divertirvi, andate nella sezione «Public Data» di Google e incrociate i numeri della produzione in Occidente con quelli dell’Asia dal 1980 a oggi: i primi colano a picco, i secondi decollano a razzo. Ma se fate i calcoli sulla produzione pro-capite vedrete che l’Occidente è stratosfericamente più ricco rispetto alle tigri che ora ruggiscono. Il capitalismo ha spostato prima l’asse di produzione (con la globalizzazione e delocalizzazione) e ora trasloca il consumo di beni e servizi. Consumiamo troppo rispetto alla ricchezza prodotta, siamo demograficamente perdenti e il nostro welfare è da bancarotta. Quando Nicolas Sarkozy, dopo aver perso al primo turno delle presidenziali, dice di «voler difendere lo stile di vita dei francesi», mette il timbro sul declino europeo. Per questo le imprese devono internazionalizzarsi e farsi largo nei mercati ad alta crescita. Bisogna investire nel capitale delle aziende, iniettare nuove risorse finanziarie e soprattutto umane. Esempio concreto? Il record di Fiat Industrial (Iveco e Cnh, macchine per le costruzioni e l’agricoltura): utile netto di 207 milioni di euro nel primo trimestre 2012, in crescita dell’81 per cento. Dunque un’azienda italiana globalizzata, guidata da un manager che ha coraggio e visione, Sergio Marchionne, presenta al mercato risultati di un gigante e non di un nano del settore. E questo si realizza sapendo cosa fare e dove andare. Non sono i decreti a fare la differenza, ma la cultura degli uomini. Vedo in giro troppi caporali.