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«prenota» un posto all'Acea L'ad Tempini: le utility sono un'opportunità per il Fondo strategico

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Unafetta, quella del 21%, che dovrà essere gradualmente messa sul mercato e offerta a nuovi azionisti. Uno dei quali potrebbe proprio essere la Cdp, l'organismo finanzario del Tesoro che gestisce il risparmio postale, e che ha in pancia pezzi importanti di società di reti e servizi. A non lasciare cadere nel vuoto l'invito del sindaco della Capitale, Gianni Alemanno, per un intervento del Fondo strategico italiano (Fsi) nel capitale dell'utility romana è stato ieri Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato di Cdp e presidente del Fsi: «Il settore delle utility è importante per il fondo strategico che ha un capitale per lo sviluppo, per nuove iniziative e progetti che portino alla crescita». Insomma un'apertura implicita a un potenziale interessamento nelle fasi ormai prossime di collocamento delle quote in eccedenza di Acea in mano al Campidoglio. Resta per ora fuori dalla corsa il secondo socio dell'azienda, e cioè il gruppo Caltagirone. A smentire interessamenti è stato Francesco Caltagirone jr: «Abbiamo già circa il 16%, non credo che andremo molto oltre». Anche perché nella vendita ci saranno comunque delle condizioni limitative. «Nella vendita del 21% da parte del Comune di Roma dovrebbe esserci una soglia di sbarramento che impedirà la partecipazione del Gruppo, sottolineando che comunque non avrebbe partecipato» ha motivato Caltagirone jr. Intanto si avviano a conclusione le ultime questioni di Acea con i francesi di Suez-Gdf, oggi terzo socio in azienda, ma che nel passato era destinato a un matrimonio con la società capitolina. Un'unione finita con un divorzio del quale si stanno discutendo ancora i termini economici. E sulla mancata intesa tra Acea e Gdf Suez relativamente al conguaglio seguente alla divisione delle attività tra le due società, per cui si dice che Acea avrebbe richiesto 50 milioni di euro ai francesi, il presidente Cremonesi ha spiegato: «L'arbitratore serenamente ci dirà la sua scelta, ma non è una guerra, si tratta di una sistemazione finale dello scioglimento della joint venture».

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