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Sull'aumento della benzina meglio i consigli dei politici

Distributore di benzina

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Bisognerebbe davvero capire chi è il tecnico che dà suggerimenti tecnici al governo tecnico spingendolo a fare sciocchezze tecniche. Ci riferiamo, infatti, al preannunciato aumento di altri 5 centesimi per ogni litro di benzina per finanziare le emergenze davanti alle quali si potrebbe trovare la protezione civile. La storia del prezzo della benzina è costellata ultimamente da follie che non tengono conto degli effetti devastanti di questi aumenti su tutta l'attività produttiva e sul potere d'acquisto delle famiglie. L'aumento del costo del barile già di per sé trasferisce i propri effetti sul prezzo alla pompa nonostante da anni ci sia una norma di legge, puntualmente inapplicata, che imporrebbe per ogni aumento del barile una riduzione di pari importo delle accise nel trimestre successivo in maniera tale da stabilizzare i prezzi di benzina e gasolio. Sembra che nessuno si renda conto che l'incremento dei prezzi dei carburanti si trasferisce pari pari sui conti energetici dell'apparato produttivo in tutti i suoi settori (industria, agricoltura, trasporti e via di questo passo) e sulle bollette di gas ed elettricità per le famiglie. In una fase recessiva in cui diminuisce la domanda di consumi e latitano gli investimenti privati, una "mazzata" come quella del prezzo della benzina spinge sempre più in giù l'economia italiana. E questa, a sua volta, determina una riduzione del gettito tributario complessivo vanificando parte della manovra correttiva sui conti pubblici attivata negli ultimi mesi. Questo nuovo probabile aumento si aggiunge peraltro ai 19 centesimi di aumento deciso nei mesi scorsi per finanziare il fondo unico per lo spettacolo. Il fondo unico per lo spettacolo è di 800-900 milioni l'anno, una cifra recuperabile con l'aumento di un punto sull'IRPEF di chi ha redditi superiori a 200-300 mila euro l'anno (moltissimi di quei redditi sono anche di quelli che usufruiscono dei teatri lirici, uno dei maggiori costi del fondo unico per lo spettacolo) e/o con l'aumento su alcolici e tabacchi. E, forse, sarebbe tempo di individuare di tanto in tanto, qualche riduzione di spesa corrente senza attendere quella "spending review" che sembra essere diventata il nuovo Godot di beckettiana memoria il cui arrivo è annunciato ma mai si realizza. Davvero non riusciamo a capire questa scelta di ieri e di oggi, quella, cioè, di caricare sul prezzo della benzina costi di attività importanti ma finanziabili con riduzioni di spesa o con nuovi tributi che non diffondono effetti inflazionistici. E, invece, purtroppo, avviene il contrario. Una volta l'aumento dell'inflazione, per via della scala mobile, faceva crescere i redditi nominali trasferendoli, così, negli scaglioni più alti con un effetto positivo sul gettito tributario. Oggi, con il blocco dell'indicizzazione dai 1400 euro mensili, l'effetto positivo sul gettito tributario in larga parte si annulla. L'unico effetto positivo sui conti pubblici è l'aumento dell'IVA che incassa lo Stato. Con i 25 centesimi in più di tasse sul prezzo alla pompa lo Stato incassa, infatti, altri 5 centesimi in più dal gettito dell'IVA. Se questa fosse la ratio degli aumenti (a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina) siamo dinnanzi ad un dilettantismo devastante perché i guasti che provocano l'impennata dei prezzi dei carburanti sono altissimi e non compensati dal maggior gettito IVA. Guasti economici e sociali la cui portata diventa esplosiva se si riducono gli incentivi per le energie rinnovabili che sono l'unico strumento per aumentare l'occupazione e ridurre un poco nel breve periodo i costi energetici. Forse è tempo che il governo tecnico abbia qualche suggerimento «politico» per tornare a vedere la luce della speranza.

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