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L'auto frena. L'azienda Italia si ferma

Una linea di montaggio di uno stabilimento Fiat

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Ma quale ripresa. L'economia italiana continua a dare segni di cedimento, allontanando ancora la prospettiva dell'uscita dalla recessione. Stavolta le cattive notizie arrivano dal fronte industriale: secondo le rilevazioni dell'Istat, a febbraio l'indice di produzione è sceso dello 0,7%, registrando dunque il secondo risultato negativo di seguito dopo il crollo del 2,6% di gennaio. Su base annua, dicono dall'Istat, siamo ormai a -6,8%: si tratta del peggior dato tendenziale da novembre 2009, quando la prima ondata della crisi internazionale – quella di origine americana – ha raggiunto il suo apice, spingendo la produzione manifatturiera del nostro Paese verso un «rosso» del 9,3%. L'industria italiana, insomma, continua ad andare in controtendenza rispetto agli altri Paesi dell'Eurozona, la cui media segna una crescita dello 0,5%. Noi, invece, andiamo peggio persino della Spagna, dall'economia notoriamente in difficoltà, ma che ha segnato a gennaio e a febbraio cali molto più contenuti dei nostri dell'indice industriale, rispettivamente dello 0,2% e dello 0,5%. Fanno meglio di noi anche Germania (+0,9% a gennaio e -0,2 a febbraio) e Francia (+0,3% nel primo mese del 2011 e +0,2 a febbraio). Responsabile del crollo italiano, questa volta, è soprattutto il cattivo andamento del settore auto, che da solo vale circa il 10% dell'industria nazionale: a gennaio e a febbraio la produzione di autoveicoli ha registrato una flessione del 23,5%, mentre da febbraio 2011 il calo è dell'11,2%. Purtroppo, però, l'auto non è l'unico settore a mostrare il fianco. Vanno male anche la fabbricazione di prodotti chimici (-13,9% su base annua) e le industrie del tessile, dell'abbigliamento, delle pelli e degli accessori, che lasciano sul terreno il 12,9% da febbraio 2011 a oggi. Un risultato poco peggiore di quello realizzato dall'industria del legno e della carta e stampa (-12,8%). Diminuiscono in modo significativo anche le produzioni di beni intermedi e di beni di consumo, sia rispetto a febbraio 2011 sia in confronto allo scorso gennaio: i due settori segnano rispettivamente variazioni congiunturali del -1,9% e del -2,3% e diminuzioni tendenziali del -10,6% e del -9,6%. Resistono, invece, gli altri settori economici. L'Istat registra gli aumenti più marcati, abbastanza prevedibilmente, nel settore energia. Che cresce – trainato dal clima freddo – del 5,7% su gennaio. Mentre su base annuale l'intero comparto della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria guadagna l'11%. Bene, rispetto allo scorso anno, anche la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi, che cresce del 5%. Il buon andamento di questi settori, però, non consente ottimismi. Secondo il centro studi Promotor, dall'inizio della crisi, calcolato ad aprile 2008, ad oggi, la produzione industriale italiana ha registrato un calo del 21,6%, e la situazione nei prossimi mesi potrebbe ulteriormente peggiorare. Prospettive incerte anche per il centro studi di Confindustria. «A marzo la produzione non migliorerà – rilevano gli analisti di Viale dell'Astronomia - e le valutazioni dei direttori d'acquisto sugli ordini ricevuti dalle imprese manifatturiere segnalano marcati arretramenti, dovuti a una significativa debolezza della domanda interna». Se il mercato interno non tira, però, qualche buona notizia arriva dalla domanda internazionale. Gli ordini esteri, dicono dal centro studi, «dopo sette mesi di contrazione sono tornati in territorio espansivo, soprattutto grazie alle commesse provenienti da Usa e Paesi emergenti, in modo particolare nei settori dei beni di consumo e di investimento». Ma difficilmente il dinamismo di Brics e Usa basterà per farci risalire la china. «Per questa ragione», commenta il Ministro Passera, «dobbiamo accelerare gli sforzi per uscire dalla crisi». Politiche per la crescita sono richieste a gran voce anche dalle parti sociali. Che chiedono, quasi all'unisono, misure di riduzione del carico fiscale e un confronto per varare nuove politiche di sviluppo. Intanto per l'Istat l'inflazione a marzo resta al 3,3%, lo stesso valore di febbraio. Ma il rincaro del «carrello della spesa», cioè dei prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza è del 4,6%, valore più alto da ottobre 2008.

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