Benzina più cara per avere fondi in caso di calamità naturale
Torna la tassa sulle disgrazie. E cioè quella che le Regioni potranno imporre ai soliti noti: gli automobilisti italiani, con l'aumento delle accise fino a un massimo di 5 centesimi al litro, nel caso che il territorio di loro competenza sia colpito da un disastro naturale. Una norma uscita dalla porta principale, con la sentenza della Consulta che l'ha dichiarata incostituzionale, e rientrata miracolosamente dalla finestra, grazie all'escamotage legislativo per il quale in caso di dichiarazione dello stato d'emergenza per calamità naturali, le regioni non saranno più obbligate ad alzare le tasse sulla benzina ma avranno solo «la facoltà» di farlo. Una trovata contenuta nel testo di riforma della Protezione Civile approvato «in via preliminare» dal Consiglio dei ministri: una formula per dire che non c'è ancora il via libera delle Regioni - in questa materia «interlocutori centrali e imprescindibili», secondo lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti - che dovrebbe però arrivare dopo la Conferenza Unificata in programma giovedì prossimo. E che sul testo della riforma non ci sia ancora l'accordo di tutte le parti lo conferma anche il fatto che palazzo Chigi non ha indicato lo strumento legislativo per presentarlo al Parlamento, un disegno di legge oppure un decreto. È probabile però che alla fine si deciderà di procedere con un ddl, anche per consentire una maggiore possibilità di intervento. Di buono c'è che il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, non ha chiuso la porta, pur ricordando «l'incostituzionalità ribadita dalla Consulta»: «apprezziamo lo sforzo del governo», ha detto. «Ci sono le condizioni per fare un lavoro positivo e cercare forme di finanziamento condivise». Quel che al momento è chiaro è che il provvedimento restituisce al Dipartimento della Protezione Civile quei poteri che il «commissariamento» voluto dall'ex ministro Giulio Tremonti gli aveva sottratto. E cioè la possibilità di intervenire in maniera tempestiva ed efficiente nell'immediatezza dell'emergenza, senza dover chiedere il «concorso» dell'Economia. «Quella di oggi è una riforma strutturale per il paese e non certo tra le meno importanti - dice non a caso Monti proprio davanti alla platea più adatta, quei volontari che formano la spina dorsale del sistema di protezione civile -. L'obiettivo è quello di accelerare il tempo di azione del Dipartimento e rafforzare l'efficacia del monitoraggio e della gestione delle emergenze». Il professore tiene anche a sottolineare che con la nuova normativa viene «esaltato il ruolo del Dipartimento, che viene potenziato e resta in capo alla presidenza del Consiglio» proprio per garantire quel coordinamento assolutamente necessario in caso di emergenza. Un concetto cui si rifà anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Seguirò con grande attenzione tutto l'iter della riforma - ha garantito il capo dello Stato - è importante che il presidente del Consiglio conservi un ruolo essenziale». Fuori testo, ma di valenza assai importante, è anche l'ultimo punto della nota di palazzo Chigi: quello in cui si sottolinea che «le gestioni commissariali che operano già all'entrata in vigore della riforma, non vengono prorogate o rinnovate». Un punto fermo a un'usanza tutta italica che fa durare le emergenze anni e trasforma in emergenze eventi ampiamente previsti o che nulla hanno a che vedere con le calamità naturali, come l'Expo 2015 oppure l'incontro mondiale delle famiglie in programma a Milano a fine maggio. Quello che è il problema più annoso - dove reperire le risorse - la riforma però lo affronta poco. E soprattutto ipotizzando soltanto nuove tasse. Il testo conferma infatti ciò che già c'è nell'attuale normativa - e cioè l'obbligo per lo Stato di reintegrare il fondo imprevisti utilizzato per le emergenze con l'aumento della benzina a livello nazionale fino a 5 centesimi per litro - e ripropone la famigerata tassa sulla disgrazia a carico delle regioni, seppur in maniera «volontaria». Non è chiaro però come si comporterà lo stato qualora questa «facoltà» di aumentare le tasse non venga esercitata dalle regioni né è chiaro quanti soldi confluiranno nel fondo di protezione civile che, ha assicurato Monti, verrà rifinanziato. Certo le risorse sono assai poche e dunque, avverte il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli «è il momento che le istituzioni si assumano le responsabilità e facciano delle scelte». Altrimenti alla prossima emergenza non sarà cambiato nulla, con o senza riforma.