Mina derivati pronta a riesplodere
Allarme da Londra: possibili nuovi esborsi del Tesoro per chiudere contratti tossici
i.Nonostante la recessione, infatti, gli incassi fiscali nei primi due mesi del 2012 sono saliti del 4% raggiungendo i 61 miliardi di euro. Dall'altra però, gli stessi introiti oltre a pagare le spese di un debito gigantesco e i servizi ai cittadini, vanno spesso a ingrossare i conti delle banche d'affari che con lo Stato italiano hanno acceso negli anni scorsi contratti di finanza derivata. Operazioni di ingegneria contabile che non portano mezzi finanziari aggiuntivi a chi li stipula ma modificano solamente le condizioni dei flussi nel tempo di contratti di mutuo già in essere. A un certo punto della loro esistenza però chi ha sottoscritto questi contratti, che nel lessico popolare sono ormai indistintamente identificati come prodotti di finanza tossica, è chiamato a onorare i suoi impegni. Così a un flusso in entrata ottenuto in un certo momento storico può corrispondere un'uscita importante a distanza di anni dalla conclusione dell'accordo. Un meccanismo che rischia in alcuni i casi di strozzare i debitori o comunque di metterli in seria difficoltà. Ed è quanto potrebbe accadere al Tesoro italiano che potrebbe essere costretto da banche controparti di derivati finanziari alla chiusura anticipata di alcuni contratti con conseguente esborso in contanti sulla falsariga di quanto è avvenuto nelle scorse settimane con la banca d'affari Usa Morgan Stanley, che è stata liquidato dal ministero di via XX settembre con 3,4 miliardi di dollari. A lanciare l'allarme sul possibile pagamento inatteso di obbligazioni per il risicato bilancio statale italiano, che corre già a fatica verso il pareggio nel 2013, è la bibbia mondiale della finanza derivata: la rivista Risk magazine sul suo sito internet risk.Net. Il governo, dopo la chiusura del contratto con la banca Usa, ha spiegato con il sottosegretario Marco Rossi Doria, che il Tesoro non ha in corso altri contratti come quello con Morgan Stanley che prevedeva una clausola cosiddetta «Ate» (Alternative termination event). L'autore dell'articolo, che cita alcuni dealers, spiega tuttavia che, oltre alle clausole Ate, nei contratti finanziari derivati ci sono altre opzioni che possono produrre lo stesso effetto: sono le «break clauses». Secondo un banchiere europeo citato anonimamente da risk magazine, il Tesoro italiano ha alcuni contratti derivati con controparti che contengono queste clausole «break» che hanno lo stesso effetto e una di queste sarebbe esercitabile dalla banca controparte entro pochi mesi. Il viceministro dell'economia, Vittorio Grilli, in un'audizione mercoledì scorso, ha detto che via xx Settembre ricorre ai derivati solo per garantirsi sui rischi di cambio e sui quelli dei tassi nel caso di emissioni a tasso variabile. «Da quando ci sono io al ministero, di questi tipi di contratti non ce ne sono» ha detto Grilli riferendosi al contratto con Morgan Stanley che risale agli inizi degli anni '90. Dal 1991 (e fino al 2001) alla direzione generale del Tesoro c'era l'attuale presidente della Bce, Mario Draghi. Nessuno è in grado di stabilire la pericolosità dei contratti derivati fino a che non vengono esercitati i diritti collegati. Una vera iattura perché, nati come strumenti di copertura dai rischi, se mal applicati si possono rivelare degli autentici contratti capestro per chi li deve onorare. Nel 2009 l'economista Gianni Ghedini spiegò a Il Tempo la possibilità di usare uno strumento come il modello generale di tesoreria, per raccogliere e sistematizzare i dati relativi ai contratti derivati, e ottenere soluzioni quantitative. Non solo. Lo stesso ministero dell'Economia ha messo sul suo sito uno schema di regolamento per la finanza derivata. Arrivarono commenti e richieste di integrazioni. Ma l'articolato è rimasto finora lettera morta. Con il risultato che la questione della finanza tossica nei bilanci pubblici è ancora lasciata senza mezzi di accertamento e in balìa degli eventi.Il rischio è che la bolla che giace sopita nella contabilità possa esplodere con conseguenze incalcolabili per le tasche dei contribuenti.Anche perché le banche che hanno stipulato i contratti sono all'aspetto.