Energia alternativa ancora debole
Cosìmeglio indirizzare le risorse, oggi spese per gli incentivi, verso la ricerca di prodotti più efficienti. Il presidente dell'Eni, Giuseppe Recchi, ieri a margine del convegno Energythink a Venezia, ha sgombrato il campo dal sogno di abbandonare velocemente il petrolio e, in generale, i combustibili fossili per produrre energia. A corredare la tesi ci sono gli studi e le cifre. Un dollaro speso per incentivare il settore delle rinnovabili genera un ritorno in termini di abbattimento di anidride carbonica di soli 10 centesimi. Se lo stesso dollaro fosse investito nello sviluppo di nuove tecnologie queste dopo 10 anni genererebbero un ritorno pari a 11 dollari sempre in tema di minori emissioni. Un raffronto che testimonia come il settore energetico si trovi di fronte a decisioni difficili e fortemente influenzate dagli eventi contingenti. Nel comparto del nucleare, ad esempio, l'incidente di Fukushima ha creato non pochi dubbi sulla capacità dell'atomo di contribuire a soddisfare la fame di energia del pianeta e soprattutto il suo equilibrio ambientale. Nonostante i dubbi però non sembra se ne possa fare a meno. Il direttore degli studi economici dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, Fatih Birol, ha spiegato che l'obiettivo internazionale è ridurre l'aumento della temperatura media della terra in costante ascesa. Senza interventi salirà di sei gradi mentre lo sforzo dei governi è di mantenere l'incremento a due gradi. «Per fare questo - ha detto Birol - sono tre le cose da fare: maggiore efficienza per evitare gli sprechi, più rinnovabili ma anche più energia nucleare». Senza la combinazione di questi tre fattori le future generazioni rischiano di dover fronteggiare emergenze ambientali molto complicate. Insomma l'atomo resta ancora centrale nella composizione delle fonti di energia anche se l'incidente giapponese ha provocato reazioni contrastanti. Per Birol «se nazioni come la Germania hanno detto addio al nucleare senza ripensamenti, altre come Cina e India hanno proseguito con i loro programmi. Infine ci sono i paesi che si trovano nel mezzo. Come la Francia che ha rallentato la nuclerizzazione del territorio e le scelte definitive sono legate alla vittoria delle prossime presidenziali». Nella terra di mezzo l'Italia che ha già deciso con un referendum il disimpegno dall'atomo. Senza risolvere però come sostiturlo. Così posto che - come ha ricordato Recchi - l'Italia sull'onda emotiva adotta restrizioni ambientali tra le più alte al mondo che poi restano e limitano la capacità di sviluppo, il nostro Paese resta fortemente dipendente dal petrolio. E soprattutto con prezzi in forte ascesa anche nel prossimo futuro. Con buona pace degli automobilisti italiani alle prese con prezzi da capogiro al distributore di benzina. A confermarlo è stato lo stesso Birol: «Già oggi il prezzo del barile è attorno a 125 dollari. E indipendentemente dalla tensioni nel Medio Oriente, che possono anche rientrare, le previsioni sono per una crescita del barile soprattutto per la domanda in ascesa da parte dei paesi emergenti». Insomma guerra in Iran o meno, la benzina sarà un bene sempre più costoso. L'appuntamento di Energythink giunto alla sua quarta edizione è stata l'occasione per il Cane a Sei Zampe per precisare la sua posizione sul dossier Snam e sulla possibilità di creare una rete europea di trasporto unica in Europa. «Scorporare Snam da Eni non costituirebbe un ostacolo alla creazione di una rete europea di distribuzione del gas, ma il tema è di carattere regolatorio e politico» ha sottolineato Recchi. «No anzi - ha aggiunto - lo scorporo non sarà d'ostacolo all'ambizione di avere una rete europea di distribuzione del gas». «La rete che nascerà dovrà essere soddisfatta attraverso regolamenti europei, che permetteranno che questa rete si crei, e la capacità di società specializzate di andare a integrare nei vari paesi reti di diverso tipo. Il tema è molto regolatorio e politico».