Lavoro: scontro Fornero-sindacati "Stop ai privilegi, uscite più facili"
È scontro aperto sulla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, conferma i tempi, rimarca la linea del governo di andare avanti e chiudere «molto in fretta», di smantellare i «privilegi» prevedendo «più facilità in uscita», e sfida il «sindacato italiano»: «È chiaro che se uno comincia a dire no, perchè dovremmo mettere una paccata di miliardi e dire 'poi voi ci dite di sì? Non si fa così». Replica, ironizzando, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Non ero al tavolo» con il governo, «però nessuno mi ha riferito di aver visto una paccata di miliardi. Forse si sono dimenticati di dirmelo». Del resto è lo stesso vice-ministro per l'Economia, Vittorio Grilli a spiegare che «non c'è alcun tesoretto» e «le risorse sono scarse» ma che la riforma è essenziale per la competitività. La riforma - dice anche la Fornero - è «buona» e per questo il ministro dice che le «risulterebbe molto difficile capire il no» dei sindacati. Ma i sindacati, questa volta anche la Cisl, e le imprese, a partire dalle piccole, ribattono e avvertono: o si cambia o salta il tavolo. Mentre la Cgil respinge «le pressioni»: sarà il merito - replica - a decidere. Il nodo, ora, prima ancora dell'articolo 18 è il nuovo sistema di ammortizzatori sul tavolo della trattativa, che anticipa lo stop alla mobilità riducendone la durata (a 12-18 mesi dal massimo di 36-48 mesi oggi), e che alle organizzazioni sindacali non piace perchè - dicono - non allarga la platea e rischia di lasciare per strada molti lavoratori per l'effetto combinato con l'innalzamento dell'età di pensione. Alle imprese, quelle piccole, non piace perchè ne aumenta i costi, con l'aggravio sui contributi; alle grandi perchè devono fare i conti con le ristrutturazioni aziendali. La strada è stretta. La tensione è alta. Se il governo non modifica la proposta sulla mobilità il tavolo salta, «deve stare attento», è il messaggio che manda a chiare lettere il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: e, aggiunge, «il governo si prende la responsabilità di una rottura sociale che noi non vogliamo». Per il leader della Cgil, Susanna Camusso, «siamo di nuovo di fronte», dopo le pensioni, «a una riforma che non allarga le tutele a tutti ma anzi riduce quelle esistenti. Se non ci saranno le risposte e le risorse decideremo cosa fare». Per il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, «si può arrivare a una conclusione. Il problema sta tutto nella volontà del Governo di mettere a disposizione le risorse necessarie, così come accade negli altri Paesi europei». Di traverso gli artigiani e i commercianti: «L'aggravio di costi previsto dalla riforma del lavoro presentata dal governo è inaccettabile. Se non ci saranno modifiche sostanziali, non firmeremo l'accordo», è la linea dura indicata dal presidente di Rete Imprese Italia, Marco Venturi. Ma il ministro insiste sulla bontà della riforma che si basa sui principi dell' «inclusione e universalità»: «Confido nell'accordo e lavoro per questo», assicura. E sulle risorse, ripete: «Mi sono impegnata a che non vengano tolte dall'assistenza. Mi sembra sia un buon impegno. Avrei voluto sentire una piccola parola di apprezzamento». In un mercato del lavoro dinamico «c'è maggiore facilità di entrata e un pò più di facilità di uscita». Perchè la parola chiave è «inclusione invece di segmentazione», e questo «significa smantellare le protezioni che si sono costituite, che spesso sono state motivate da buoni principi ma che hanno implicazioni di conservatorismo molto forte fino alla difesa dei privilegi». L'articolo 18 è sul tavolo.